La via verso la felicità: dicembre - bis-


Insomma così: avevo sistemato i regali più importanti. Però... Non ci si alza al mattino a piedi nudi e si corre a vedere cosa c'è sotto l'albero e si trovano tre pacchi e una lettera. Fa triste.

Io non voglio più sentirla questa parola.

Un pomeriggio ho preso Figlia e siamo andate a fare un giro in centro, per comprare il regalo al nonno: siamo andate in libreria e lì ho trovato il libro dal titolo Cult, pieno di fotografie su ciò che è stato. Questo, ho pensato, questo è giusto, a mio papà piacerà. Poi ho cercato negli scaffali i libri "da intenditori" per D'artagnan e anche per l'Architetto.

- Due, ne voglio due, uguali.-

Solo loro due sono in grado di capire questo libro. Solo loro due hanno una mente disponibile all'ascolto. Io dico che saranno contenti. E ho fatto la dedica sul libro, prima che me lo incartassero, mentre Figlia allungava il collo e con aria distratta cercava di capire a chi regalavo quei libri e cosa scrivevo. - Vedi? Uno per D'Artagnan, uno per l'Architetto, che forse uno dei prossimi giorni viene a Padova. Che dici, va bene la dedica così?-

Figlia ha fatto una smorfia di disinteresse, ma ha continuato ad allungare il collo e cercare di capire cosa la mamma aveva scritto: ok, ho pensato, bene. Loro capiranno.

e felice sono tornata a casa, ho messo i pacchi sotto l'albero, ben impacchettati, e nel frattempo avevamo comprato anche il Babbo Natale che dondola dentro un aereoplano, e finalmente la casa si copriva di oro e di luci. Io e Figlia eravamo felici.

Ancora poi ho pensato a F e volevo che fosse un regalo simbolico, un pegno di amicizia. Poi avevo P, poi avevo R. Poi avevo il Semprequello, che frullava nella mente, come un'ape alla ricerca di una via di fuga, e tesoro mio, ti aprirei davvero tutte le porte del mio cervello affinché tu uscissi da lì, che mi urta il tuo ronzio intermittente, ma non so come fare a farti uscire dalla mia testa. Poi avevo mia madre e la zia. Naturalmente anche il Talebano (mica per fare un piacere a me, ma solo per i ragazzi, perché è giusto che imparino che è un piacere fare doni, ma che devono essere pensati, devono essere fatti con gioia e non per dovere, e ho chiesto loro di pensare a che cosa lui poteva avere bisogno, e loro si sono impegnati e mi hanno detto: il set da fonduta! e io ho cercato dappertutto finché l'ho trovato, in offerta e l'ho preso e l'ho mostrato e lo abbiamo incartato io e Figlia sotto gli occhi attenti di Figlio che approvava la scelta ma soprattuto il gesto). Un altro mattone piccolo, da mettere di fianco agli altri.

Così bravi sono i miei ragazzi che ho pensato che non si poteva fargli trovare un regalo solo: così ho preso due amache/poltrone da appendere al soffitto. Me li vedevo già, dondolare con il computer in grembo, e poi, vogliamo dirlo, chi mai ha una sedia a dondolo appesa al soffitto? Così due ne ho prese ma prima ho contrattato, che così si fa, questo era il pensiero del Semprequello, il piacere di dirigere i giochi anche nell'acquisto e ho detto:

- ma e se le prendessi tutte e due? Mi fate bene? Non saprei nemmeno dove metterle, però, se mi fate bene...-

Che la sedia era un oggetto estivo, era già in offerta a 45 euro nel negozio di giocattoli fighi di corso Umberto, e i commessi si sono parlati tra di loro, e poi con il titolare e poi sono tornati da me e hanno detto:

- 75...- Ma ho sentito l'esitazione nella voce, ho detto

- Dai, se mi fate 70 le prendo tutte e due-

e 70 mi hanno fatto, che erano le ultime due, quelle della stagione passata. Ho pedalato verso casa con una delle due, che ho detto loro non posso, è buio, non riesco a pedalare con due pacchi enormi anche se leggeri. L'altro lo vengo a prendere domani. Due sedie a dondolo da appendere al soffitto: devo andare a comprare i fisher, andrò con Figlio dopo Natale, così faremo insieme questa cosa, e mi farò aiutare da lui.

E pensando e pensando a qualcosa di speciale per F, sono tornata in quel negozio e ho preso un aquilone per lei, e uno per Figlia, che un aquilone è gioco, corsa, llibertà, a Figlia non piacerà molto, lo so già, ma a F sì, a lei piacerà. -Me ne dia due, il più piccolo per Figlia, il più bello per F.

Prima di uscire ho pensato a Figlio, al suo Kindle in un unico pacco: ho guardato in giro nel negozio e ho preso l'arco con le frecce. Un arco grande, ho chiesto al ragazzo, :

- che dici? Gli regalo un arco? ma le frecce qui hanno la punta a ventosa... mi pare brutto...

Ma l'arco con le punte di ferro costava 100 euro, e veramente sarebbe stato troppo e però il ragazzo mi ha guardato e mi ha detto:

- devo dire che le frecce con le punte di ferro sono bellissime, ma queste si attaccano alle finestre... agli armadi...

Sono uscita dal negozio con una sedia a sdraio che si appende al soffitto, due aquiloni, un arco con le sue tre frecce. Felice. Era domenica, ancora avevo qualche fitta all'orecchio, ma avevo preso il tram e mi ero coperta bene.

la cosa strana della costruzione della felicità, sta nel fatto che ci sono volte in cui arriva un dolore acuto, improvviso, proprio nei luoghi più impensati, tipo mentre sei carica di regali ferma alla fermata del tram, o mentre fai la spesa di Natale e sei con Figlia e la macchina della mamma, e discuti su cosa mettere nel carrello, che si riempie di cose buone che al supermercato sotto casa non si trovano. Quel dolore arriva improvviso, mi prende in basso, nella pancia, forma una linea immaginaria sotto l'ombelico, crea un vuoto spaventoso che prosciuga l'anima dagli occhi, in un vortice in cui mi verrebbe da buttarmi a terra e desiderare di morire, ma chiaramente è una soluzione che non è praticabile. Credo sia così che uno si prepara poi a essere felice un'altra volta, assorbendo piano piano questi colpi che arrivano senza preavviso, e ti condannano a resistere perché sei in mezzo alla gente e ci sono mali ben peggiori di questi nella vita. Il segreto sta nel capire che passano: questa è una certezza. Passano.


Gironzolando nella rete una sera dei primi di dicembre, avevo visto un gioco di magneti che mi aveva affascinato: palline di acciaio che si legano l'una con l'altra. Mi erano venute in mente le immagini di un video che avevo scaricato mesi prima e che avevo condiviso con Semprequello, su una sostanza magnetica che prendeva le forme più diverse. Ho perso il link. o meglio dovrei cercarlo nelle vecchie mail, ma ho già fatto quel viaggio, ho già visto le cose che ho scritto e che non ho spedito, le lettere che mi sono scritta e spedita per cercare di districarmi in mezzo a questo marasma di vita e questa relazione così tortuosa e inaspettata (per me, parlo per me, che mi ripeto, di lui non so nulla, o forse mi ha parlato e io non ho ascoltato?). Non voglio ripercorrere i racconti di una me che cerca una strada che sia percorribile.Li ho ordinati, quei magneti:- Due, ne prendo due.

Due, un numero perfetto, dovrei rifletterci, la coppia, due mani, due occhi, due: un uomo e una donna, che si sostengono, stanno in due perché in due si sta meglio, si fa meno fatica, si dà e si riceve, si rinuncia ma si guadagna. Ne ordino due, che uno lo prendo per Semprequello, l'altro potrei regalarlo al Maschio Alfa, tanto è poco impegnativo ma divertente, arriva direttamente dagli USA che qui non c'è, almeno ammortizzo la spesa di spedizione, male che vada me lo tengo io e al Maschio Alfa non do nulla.

Anche questa è la felicità: seguire con il pensiero l'arrivo del regalo.

Ma era il primo dicembre, o giù di lì. Le cose non le avevo fatte precipitare come ho fatto poi. Ancora avevo il cuore pesante, ma certo non avevo la certezza che ho ora, che non vuole non vuole non vuole, non si può, non si può. Mi sono sbagliata: ho scambiato pensieri per parole, sguardi per promesse.

( eppure ero entrata in macchina e titubante avevo chiesto:

- Sei contento che usciamo a cena insieme?

e lui aveva detto - Sono felice

e la parola felice era rimbombata nell'abitacolo dell'automobile ma io l'avevo respinta perché non ero convinta di aver capito e volevo capire e avevo detto:

- felice?

- sono felice, sì, sono felice di uscire con te.

Se le parole hanno un significato allora io ho capito bene, e dove, mi domando, dove mi sono sbagliata? Come ho potuto fare un errore di valutazione così grande? Felice? Non è una parola immensa che si dovrebbe usare con cautela? Ero rimasta schiacciata da quella parola e mi ero distratta subito che avevo visto la macchina del Talebano nascosta dietro l'angolo, in attesa di vederci passare, e altri pensieri avevano formato strati provvisori sopra la parola "felice".)

Poi dopo dieci giorni di silenzio erano arrivati a casa i cioccolatini.


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