la ricerca della felicità: day 1- bis
si arriva così al mattino, che non ti pare nemmeno di aver dormito troppo. Alle 3 ero sveglia, lucida, ancora un lontano dolore non è chiaro dove, nel mezzo un miscuglio di sogni e cose reali, i miei desideri diventati improvvisamente realtà (cosa avrebbe dato Freud per poter analizzare i miei sogni, dove ricevo le cose che non ottengo nella mia giornata, dove bacio e accarezzo persone che nella mia giornata non vedo e che so non vedrò, e ripropongo le immagini di una me felice e realizzata. Ho una psiche che fa paura da quanto funziona bene: mi piacerebbe potesse creare la mia realtà quotidiana così facilemente).
resto così, sveglia nel mio letto, mi godo il caldo e guardo le luci fioche che entrano dalla finestra: la notte è fonda, ma la città è illuminata. Poi, siccome il pensiero vola nel pozzo che quel Semprequello ha scavato senza accorgersene dentro di me, disciplino nuovamente il mio cervello, e siccome non posso togliermi dalla mente l'immagine del silenzio tra noi, rivedo al situazione sotto altra forma, e provo a scrivere nella mia mente un futuro dove Semprequello è presente con caratteristiche che mi renderebbero la vita a due insopportabile. Mi riesce così bene che mi addormento. (è vero, è vero, sarebbe impossibile, una vita impossibile, ahia, una fitta, passata.).
Infine arriva il mattino ed è straoridnario svegliarsi, aprire gli occhi nel silenzio della casa, senza sveglie, senza radio, senza gente che si muove e mi chiama. Mi tocco l'orecchio destro e mi sento guarita. Cerco con la lingua la montagnola che sentivo ieri, ma mi pare non ci sia. Forse i risciacqui di acqua e sale hanno fatto bene ("acqua e sale, non c'è disinfettante migliore per la bocca, acqua e sale", e io ho un cervello che funziona come una cassettiera, a bisogno mi tira fuori le parole appropriate, i consigli giusti proprio per quel momento, "...come una grande cassettiera piena di cassetti aperti, e devi pensare di chiuderne qualcuno, uno alla volta..." " e tu sei il mio cassetto da chiudere?" avevo chiesto io, il freddo nelle ossa, la risposta che già conoscevo, il ritardo che si accumulava per l'appuntamento di via Makallè, il cuore che franava e perdeva un pezzo, ma l'occhio era limpido che le lacrime no, mai, il cielo grigio di pioggia e il cinese che fingeva di non vederci- a volte il mio cervello mi fa proprio incazzare, con le sue collusioni veramente poco interessanti).
Mi alzo e ciabatto fino in cucina, pensierosa: magari non era nemmeno il dente del giudizio, magari in effetti era solo che ho preso freddo. Arrivo e vedo che la cucina è un disastro. Il solito disastro su cui da mesi fingo di non posare lo sguardo, ma stavolta la misura è colma. Veramente. Mi piace l'ordine ma ritengo che, per esempio, scrivere sia una priorità maggiore che scaricare e caricare la lavapiatti due volte al giorno. Anche sedermi con Figlia e guardare insieme i Cesaroni è una priorità maggiore di quella di mettere su una lavatrice. Meno male che nella giornata di ieri ho fatto anche qualche telefonata strategica, tra cui quella a Ludmilla:
- vuoi venire nel pomeriggio? Ti apsetto che così ci conosciamo.
ed è arrivata oggi, accompagnata da suo marito, e mi è piaciuta un sacco: ha 21 anni, e ho un debole io per la gente che ha 21 anni. Che strada facevo io a 21 anni? Che mi dibattevo in mezzo a recinti alti, che dopo averli sfondati tutti ancora non riuscivo a capire cosa fare. Lei è così giovane, così felice, lui è così protettivo e gentile nei suoi cofnronti, che l'ha pure accompagnata qui a conoscermi, e lei è sorridente, con le mani curate e le unghie piccole e pulite, i denti bianchi, niente trucco, una generosa taglia 44, non si sgomenta per il disastro che c'è in giro, e mi dice:
- io sono tanti mesi che cerco lavoro, io sarei così felice, io vengo gratis, così puoi vedere se vado bene, io spero che ti vado bene, signora.
Martedì, le dico, ti aspetto martedì. Così pranzi con noi. E vedi come torno affannata e di corsa, vedi che fame hanno i ragazzi, vedi il cane che fa i salti per farci le feste, vedi che io dico a tutti di portare lo zaino in camera, non mollare i giacconi in sala, raccontami del compito in classe, raccontami di Jan che ti dà fastidio, di Isabella che ti ha fatto una confidenza fondamentale, metti via il libretto che lo firmo dopo, mangi quello che ho preparato e non protestare, apparecchia e se non la smettete di litigare su chi deve sparecchiare rovescio tutto per terra, il grana è lì, nella grattuggia dell'Ikea ("ha una macinatura così perfetta, vedrai come grattuggia bene il parmigiano" - lo vedo lo vedo, so che funziona così, è la prassi del mio cervello. E' sufficiente avere tempo, che forse mi sono fermata in tempo stavolta, non mi sono così esposta, io dico che mi passa in fretta e che sta voce si spegne presto, ahia una fitta, è passata, meglio adesso che dopo, lo sai, sei nel cosiddetto male minore).
Se ne sono andati felici, nell'aria ghiacciata del sabato mattina, mentre le fitte all'orecchio si sono allentate. Una donna di servizio: due ore tutti i giorni. Mi sono fatta i conti, dovrei farcela. Se non ce la faccio le dico di non venire più. Le ho già detto che è una prova, per me, che è un tentativo epr vedere di sistemare un poco alla volta le cose che mi circondano ("chiudi un cassetto dopo l'altro" , che tanto finché non provo come faccio a capire se posso?) .
è un vero azzardo: un vero azzardo. Ma l'idea mi fa felice.
in fondo, penso mentre mescolo il secondo oki della giornata, mi sono comprata l'iPhone a rate, impegnandomi per due anni e non avevo manco lo straccio di uno stipendio, ed era marzo, il sole brillava come oggi, ero appena stata dal mio avvocato ufficiale, avevo avuto una telefonata con il mio legale personale e poi con il Maritoperfetto, e le avevo fatte camminando in via Santa Lucia, tra vetrine lussuose e gente impellicciata, con il mio telefono vecchio, dove non si vedeva niente, si sentiva male, non me lo ero scelto io, era un riciclo ("tanto non c'è bisogno"), ed ero entrata nel negozio e avevo detto: - vorrei un iPhone, anzi no, lo voglio adesso.
E mi pareva uno sproposito pagare 120 euro ogni due mesi (30 al mese di telefono, e 30 di telefonate all incluse, senza tasse e balzelli vari- che certo non era vantaggioso come il suo di contratto, ma lui era arrivato prima di me, dappertutto lui arrivava prima di me, non capisco perché ci ho messo tanto a capire che con me non sarebbe mai arrivato oltre i muri del giardino, non capisco perché mi sono detta che era possibile l'impossibile, invece lui sì, lui lo sapeva bene che lui guarda sempre oltre, ma stavolta ho guardato oltre pure io, quindi è bene così).
ah che fatica.
Da martedì avrò una ragazza che mi aiuterà in casa e mi solleverà dal peso di un lavoro che succhia energie vitali. Poi vedremo.
Capace che ci riesco a fare tutto. La strada verso la felicità è fatta anche di queste cose ( e chi le capisce? non tutti, no care mie, non tutti sono in grado di capire i significati nascosti dietro la spesa fissa di una donna delle pulizie. Che bisogna aver provato e racconterò anche di questo, sì, anche di questo racconterò. Ma non ora. Ora che ho una fitta, non all'orecchio, magari, magari, ho una fitta forte al cuore, che mi prende così, fa male ma poi passa, bisogna accoglierla e poi passa, prendo il terzo oki della giornata e passa. Passa tutto. Ho passato di peggio, dovrei essere avvizzita come una rosa secca, sanguinante e morta stecchita, invece sono ancora qua, con un ufficio nuovo, una donna delle pulizie che arriva martedì e i regali di Natale pronti, quasi tutti.)
In fondo sono alla fine dell'anno: me ne frego di Semprequello che comunque era chiaro che non mi voleva, me ne frego me ne frego me ne frego. Domani è domenica.
Bagno caldo, sudoku e a letto. Le fitte all'orecchio sono passate: grazie a Dio domani è domenica e io sto guarendo.
spengo la luce.
(però fa male lo stesso)
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