Certe giornate


ci sono giornate al mio Lavoro Benedetto che sono pesanti, mi gravano sulle spalle che non riesco a a non sentirne il peso, e si posano su ferite ancora aperte, e fanno male, ma non è possibile buttarle via, rendersi leggeri, bisogna solo fermarsi un attimo che a volte basta poco, fermarsi un attimo e guardarsi in giro, che comunque la terra è fertile, marrone scuro e ricca di humus, vicino scorre l'acqua fresca, il sole ci scalda, e in fondo potrebbe essere molto peggio, invece sono solo alcune giornate così, e come tali vanno prese.

Accade infatti, che avvengano piccole cose una dietro l'altra, attacchi per di più, ma piccoli, piccoli attacchi tesi non forse tanto a minare la mia autostima, quanto piuttosto a ingrandire quella di chi mi attacca. Il problema è che mantenere il controllo, evitare lo scontro, soprassedere per poter continuare a lavorare insieme, richiede molta forza e io in questo periodo ne ho poca. Inoltre è facile pure farsi prendere dall'ira e non tenere in conto le cose che dicono: che magari gli altri hanno pure ragione.

Fatto sta che sono seduta al mio computer, nella mia stanza dalle due finestre quando il giovane rampante, sempre di corsa, sempre pieno di clienti oltre a noi, sempre con aria di sufficienza quando gli parlo io, sempre leggermente seccato, sempre ostativo per le cose che gli chiedo di fare, mi assale via computer con forza proprio mentre io non me lo aspetto, e questo suo attacco frontale, diretto, inaspettato, senza che io oggi gli chiedessi nulla, mi precipita stamattina in un baratro dove io non sono in grado di difendermi, dove il mondo è troppo forte per me, gli altri dominano e io soccombo, ma se almeno soccombessi veramente invece no, resto sempre un po' viva e annaspo cercando il compromesso di una collaborazione fattiva, che sarebbe più semplice se io e lui riuscissimo a collaborare, devo forse cercare un punto più morbido di approccio, e provo a chiedere, domandare di cosa mi sta parlando, che lui è forte, collabora qui da parecchio io no, quella che per lui è routine per me è straordinariamente nuovo, e lo vedo trionfante che si è reso conto di avermi preso in fallo dove in realtà colpa non dovrebbe esserci, ma collaborazione, e io non voglio non voglio che lui dia a me la colpa di non riuscire a lavorare con me , che già la sento la telefonata che farà prima o poi al Maschio Alfa dicendogli che sono io quella che non collabora, che mi dimentico, che gli chiedo lavoro in più, che lo faccio correre quando lui ha altre cose da fare, altri clienti da seguire e non può certamente stare dietro a me e alle mie paturnie, che sono isterica io, e matta come un cavallo, "ma da dove salta fuori quella lì, sarà mica che te la fai?". Che ovviamente altra spiegazione non c'è nella mente di un uomo.

Io provo comunque a temporeggiare e a mediare, tanto che l'altro giorno lui si è pure confidato con me che la ragazza lo ha mollato, e quindi ora gli chiedo, perché altri chiedono a me il materiale, gli chiedo se me lo ha mandato già, che magari nel mezzo delle milioni di cose che faccio qui magari me lo ha mandato e io me lo sono perso... e lui si imbestialisce, che sebbene io sia protetta dallo schermo sento tutta la sua ira di maschio che mi investe, e mi pare di sentire le parolacce che dirà dall'altra parte e io non posso difendermi, e mi monta una rabbia che a stento controllo ma nella vita bisogna anche difendersi, che dovrei averla imparata io sta lezione, e adesso vaffanculo e mi fermo un secondo e penso veloce all'avvicendarsi dei fatti e non delle menate che mi faccio io sulle cose non dette, ma penso a chi mi doveva dare cosa, ed è lui in difetto, io dovevo controllare e supervisionare e forse dovevo chiedere una volta di più che lui mi mandasse il lavoro fatto e no, cazzo, e intanto non rispondo alla chat e vedo che lui sbatte, il suo solito tono indaffarato, di superiorità ed esaurimento della pazienza, il suo "vabeh ho capito, faccio io", senza darmi agio di capire cosa fa lui che nel frattempo mescola due cose diverse cercando di spostare la mia atenzione dalla cosa uno alla cosa due, e in questa battaglia personale tra me e me vince finalmente quella parte che attacca per difendersi e scrivo quindi "non mi piace lavorare così" e poi, per non lasciare tracce scritte lo chiamo e dico: no, così non mi piace, mi metti in difficoltà adesso non ho tempo di discutere con te, fammi la cosa uno e fammi anche la due, poi ne parleremo un'altra volta, ora ti saluto" e riprendo poi la chat, che il materiale che mi ha mandato non si scarica, e parliamo così a monosillabi in chat, e io ho un problema, che con questo qui ci devo lavorare, ma lui ha un problema più grande, perché con me lui ci deve lavorare. Quello che a me conviene fare è metterlo nelle condizioni di fare le cose che gli chiedo, e verificare che siano fatte nei tempi e nei modi. Non posso fidarmi, non posso collaborare. Devo dargli lo spazio di manovra che vuole senza perdere io di credibilità: in ogni caso il sito fa schifo ma me lo tengo così. Bisogna anche sapersi scegliere le battaglie, diceva qualcuno. Ci penserò domani, ora non ho forze, ho solo fatto sentire che ci sono, che il mio silenzio non è incapacità di difesa, mi serve tempo e poi diventerà un buon collaboratore pure lui, per adesso io mi devo preparare, se vuoi la guerra la avrai, verrai tu a chiedermi di lavorare con me, dammi tempo. Merda che fatica.

Mi sono caricata e fremo, scivolo su sta poltrona dove ho fatto mettere due cuscini perché il tavolo è troppo alto e la seduta troppo bassa, ma sono cuscini di raso, adatti a un divano non a una poltrona da studio, passerò all'iKea e mi comprerò un accidenti di cuscino quadrato, vediamo se funziona meglio, intanto scivolo, che mi fa sentire a volte così bambina arrampicarmi su una poltrona gigante tenendomi ben forte sui braccioli, chissà forse davvero il mondo degli adulti non fa per me, e la mia fatica sta tutta nell'adeguarmi ai loro schemi così come a una poltrona troppo alta per un tavolo troppo grande, e dovrei svegliarmi e invece resto cieca e ogni volta mi stupisco di come gli adulti agiscono e reagiscono. Ma in ogni caso non sto bene seduta qui adesso, e prendo delle carte che le devo portare al Soldato Jane, mi fa bene camminare, mi devo distrarre, così scivolo e raccolgo le carte e penso, che io in effetti il sito lo farei diverso ma non saprei bene come, mi lascio alle spalle le polemiche, dovrei provare a farlo come dico io, così, per puro spirito di creazione, per vedere come viene, magari stasera a casa ne parlo con D'Artagnan, tanto per avere un'idea creativa diversa, era venuto così bene il sito che avevo fatto per Semprequello, se mi avesse dato retta almeno in quello avrebbe avuto un sito con un pensiero alla base e non un sito purché sia, un sito con un'idea forte, e le idee forti vengono sempre percepite dalla gente... esco dal mio studio e vengo intercettata dalla femmina Alfa, che mi sente passare e mi chiama con gentilezza, mi dice - scusa, che stai facendo? puoi venire?

Ecco, mi chiedo io, "che sto facendo" forse è la domanda chiave per me qui dentro: nessuno sa esattamente cosa sto facendo io qui. Anche questa è la storia della mia vita: cosa stai facendo? Io? Niente. Io qui dentro mi occupo dell'intangibile, quello difficile da quantificare; io non carico bolle, o ddt (documenti di trasporto), non preparo ordini e non stampo etichette. Non controllo le fatture, non pianifico i pagamenti, non verifico la merce. Non carico scatole e non scarico scatole. Non compro. Non vendo. - scusa, che stai facendo? puoi venire?- Non rispondo al telefono, non istituisco caselle di posta elettronica, non offro megabite e fotografie di alta qualità, non so tutto di computer, non sono esperta del gestionale, non sono una sarta, una donna delle pulizie, un agente di commercio. Non sono un designer, non sono un PR, non sono una commessa. - scusa cosa stai facendo? puoi venire?

Vado e mi prendo la seggiolina scomoda e mi siedo lì, che tanto so già che non sarà una cosa breve. Mi pare di tenere sulle ginocchia un grande otre nel quale viene rovesciata la gramigna a fiumi: semi e semi assordanti che scendono in velocità e riempiono il vaso fino a colmarlo. Le informazioni mi vengono date a manetta, non c'è tempo per i miei tempi di comprensione, e io faccio lo slalom tra le cose che capisco e quelle che non capisco, e cerco di fare la cernita tra quelle che non capisco e quelle che sono trascurabili e dove vorrei capire mi si dice - non importa, non te lo spiego nemmeno- e io mi fido, e perdo così una parte delle informazioni ma trattengo per me tutta quell'altra, la parte operativa, mi arrangerò quindi anche con il FIRR, e intanto i semi vengono versati nell'otre che si riempie, riuscirò mai a caricarmelo sulle spalle e portarlo a destinazione? Mi costruisco il mio percorso mentale cercando di rifare la strada logica che la femmina Alfa cerca di spiegarmi, a lei sembra ovvia e normale, a me pare una complicazione, ma non sta certamente a me stabilire come si fanno queste cose, la parte più difficile delle informazioni è capire esattamente come lei vuole che siano fatte, finché l'otre è colmo, io sono stanca, lei nemmeno mi guarda, mi ha riempito di un mucchio di carte, io le metto nella busta e lei si agita perché lei non le avrebbe messe così ma tace, io la guardo le dico - non così?- e lei grata le riprende e le mette "esattamente" come aveva pensato lei, e poi mi dà la posta, questo per il Soldato Jane, questo una copia per me, questo una copia per te, questo nella cartellina blu, quello nella cartellina rossa, grazie grazie, ah aspetta ti do anche questa che va nelle assicurazioni, io mi alzo e ho due otri sulle spalle, non più uno solo, e cercando di liberarmi dalla morsa mi divincolo con grazia e ridendo dico - adesso scappo che sennò non esco più da questo ufficio!

E l'attacco arriva frontale, diretto, Dio che cretina che sono che non so stare zitta, il tutto resta su un piano sempre molto educato ma l'affondo della femmina Alfa mi ferisce sempre perché ogni volta che un attacco mi arriva dall'interno, da dove mi sento al sicuro, mi danneggia una parte nascosta di me, e non riesco mai a farmi capire, dannazione, che io non voglio vivere in guerra, io non voglio rubare il lavoro a nessuno, io non corro per vincere, ma è solo che lei mi trascina su un piano che non è il mio, dove ha gioco facile a "vincere"; solo che oggi no, mi viene da vomitare, ho il mondo che mi si posa contro e penso che non sono adatta io a questo lavoro, lo so, ma faccio le cose in sostituzione e non possono essere perfette, non ne ho la pretesa né mi è stato chiesto che fossero perfette, e se Dio vuole almeno stamattina siamo sole io e lei e nel corridoio buio non c'è nessuno (- dov'è il Maschio Alfa? - ah non so, non l'ho visto - eh, tanto, tu no ma io lo so, quello non c'è mai, è sempre giù, se non ci fossi io qui... - e mi viene da ridere al pensiero che l'altra femmina Alfa mi aveva fatto la stessa domanda un giorno e aveva usato pressoché le stesse parole, trovandomi per strada - dov'è il Maschio Alfa? - ah non so, non l'ho visto- eh, tu no ma io lo so, quello non c'è mai, è sempre su, se non ci fossi io qui... - ), e io anche stavolta non rispondo, alle provocazioni non rispondo, lascio che si sciolgano da sole, spente lentamente nel buio del corridoio che io mi lascio alla spalle mentre con le mie due otri pesanti sulle spalle vado a cercare il Soldato Jane. Che stranamente non è al suo posto. Allora poso le carte e la vado a cercare nel magazzino. (non va bene nemmeno così, bisognerebbe almeno rispondere, ma oggi non ho fiato, oggi pazienza se si secca perché non ho risposto, pazienza).

La trovo lì, piccola e proporzionata, tonica ed equilibrata, con dei bellissimi capelli lunghi di un colore naturale invidiabile legati in una grossa coda che a volte le scende sulla spalla. Si maschera il Soldato Jane dietro un paio di occhiali dalla montatura grande: nasconde un seno generoso con maglie di Patrizia Pepe che compra al negozio ( e mi guarda con gli occhi azzurri e intensi e mi dice:- ma dai... abbiamo uno sconto del 50 %, la paghi una cazzata! - e non sa che per quanto ne so io lo sconto dei dipendenti è del 30 %, e sulla merce scontata non c'è ulteriore sconto, ma chi me lo aveva detto? non so e me ne sto zitta magari mi sono pure sbagliata, che tanto io mando Figlio a Chicago un mese quest'estate, e in ogni caso finché non mi rimetto in sesto fisicamente cosa vuoi che mi vada a comprare la roba di Patrizia Pepe - che poi, se dobbiamo proprio dirla tutta, non ci vado io di sotto a comprarmi un vestito per me, a spogliarmi nel guardaroba, a provarmi una taglia più grande, che è una novità anche per me essere così grassa che non ho più niente da mettermi nell'armadio e non posso, veramente non posso occuparmi dei vestiti come non posso della casa, e intanto ho trovato qualcuno che mi mette in ordine la casa tutti i giorni, e poi troverò un giorno qualcuno che mi aiuta anche con i vestiti, ma adesso no e di sotto on vado a comprare nemmeno morta). Ha una voce morbida dai toni scuri, leggermente sporca, sarebbe perfetta per fare la radiofonista. Soldato Jane è sempre impeccabile, con le sue scarpe da ginnastica della Philippe Modèl, i leggins e le maglie ampie. Soldato Jane fa il suo lavoro sempre, con coscienziosità e ragionamento, senza mai abbandonarsi ai sentimentalismi, al farsi le domande stupide, a leggere le cose che non sono state dette. Insomma, io da lei ho solo da imparare.

La scovo nel magazzino, le braccia leggermente alzate per scrivere sul pianale di lavoro un po' alto: i Fagiani non ci sono oggi, che sono malati, lei compila un modulo. Poi suona il campanello, e lesta risponde. Mi guarda e dice:- è Jacob.

Beh, è chiaro anche a me ormai, che Jacob non è un ragazzo americano di 25 anni che bussa al portone di sotto. Esco anche io nel terrazzo che dà nel cortile interno e la guardo mentre scende veloce le scale, apre il pesante portone, firma la bolla di accompagnamento e fa scaricare lo scatolone Jacob Cohen sul montacarichi, sopra gli altri. Io sono in alto, ho la gonna oggi, e il trasportatore è quello con la faccia da zingaro dell'altra volta. Alza lo sguardo da sotto in su, io come un lampo faccio un passo indietro, ma lui mi ha riconosciuto e si stupisce di vedermi qui: adesso ha collegato che io lavoro qui. Sorride mentre io mi volto. Fanculo alle complicazioni.

Soldato Jane risale lesta, e fa salire anche il montacarichi: questo trasporta almeno 10 scatoloni.

- cos'è sta roba?

domando io, che ancora ho in mano le carte della Femmina Alfa.

- roba da scaricare. Poi chiamo il Terzo e la faccio scaricare.

- Ma è pesante?

domando io. Ho una gran voglia di piangere, gli otri sulle mie spalle pesano, la vita tutta mi pesa, fammi sentire che io qui faccio qualche cosa.

- no, non pesano molto.

- Dai allora, spingiamoli dentro.

Soldato Jane resta un attimo sorpresa: non è che io voglio fare la più brava di tutti, è che ho bisogno di fare qualcosa adesso, gli scatoloni vanno portati dentro, il montacarichi è pieno, stiamo aspettando altra roba, come fai a caricarla sennò? Io tiro e tu spingi.

Portiamo dentro gli scatoloni, mentre lei ride e dice : - possiamo fare anche a meno dei Fagiani noi qua dentro! A cosa ci servono gli uomini a noi!

Io mi fermo, raddrizzo la schiena, rido e mi sento meglio: mi sa che ho solo bisogno di fare del sesso.

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