ancora chiacchiere pressoché inutili


Eccomi, sì grazie mi siedo qui, mi piace molto questo divanetto di seta color oro, mi dà un senso di abbondanza e come le ho già detto, è di abbondanza che ho bisogno io adesso, di cose che siano tante, ma tante, sa, per esempio nel mio lavoro Benedetto ho uno studio grande come le ho detto, e sarebbe già tanto lui così invece ormai sarà da 10 giorni ma è diventato ancora più "tanto"; lei ride, ma è la verità, nel mio studio c'è un appendiabiti che regge 54 vestiti appesi a degli appendini di velluto nero con il gancio in ottone e ogni gancio ha la testina rivolta da una parte che sembrano tanti adorabili soldatini, e tengono stretti l'uno all'altro gli abiti, 54 le dicevo, che ne mancano 18 e devono portarli da Milano, ma oltre ai 54 colorati ci sono anche gli 11 di pizzo nero, la collezione che non si chiama collezione ma capsule, "cap-sùl", che così si pronuncia, alla francese, trattenendo in bocca la e finale che c'è e non c'è, e facendo una pausa tra cap e sul; 54 + 11 sono tanti, sa? tanti vestiti nel mio studio. Poi, alla mia sinistra, si accumulano i giornali del Sole24ore che non è possibile leggerli ogni giorno ma ogni tanto, quando mi pare di sentire che non ci sia gente in giro per l'ufficio, ne prendo uno, lo poso rosa come è sul mio tavolo sopra le carte e mentre sono in piedi lo sfoglio e ogni9 tanto mi chino sul tavolo per avivcinarmi al testo e lo leggo che è pieno di articoli pensanti, gente che riflette sulle cose del mondo, e leggo della Libia, di Ruby, di Bulgari che non è più formalmente italiano ma resta simbolo italiano, in questo disastro di moralità politica cerchiamo di salvare almeno i simboli, diceva il giornalista, e poi ogni tanto ne strappo una pagina che tanto è vecchio e l'articolo me lo voglio tenere, che io non sono come A che quando le ho detto che c'era il giornale se lo voleva leggere, mi ha guardato dal basso in su mentre il suo occhio destro ha preso una strada un po' tutta sua (chissà se si è accorta che a tratti è leggermente strabica, specie quando è in assetto d'attacco e mi guarda come se io fossi comparsa all'improvviso in un luogo non mio- che dice signora mia, che abbia ragione lei?) e mi ha detto, riabassando subito lo sguardo alle sue carte, alla tastiera, allo schermo del computer, alle pinzette che toglie dai fogli e raccoglie in una scatoletta di caramelle, "per me li puoi buttare tutti, il giorno dopo sono già vecchi quei giornali, sai, i giornali di economia sono vecchi già la sera stessa DOVRESTI SAPERLO" e io me ne sono tornata con i miei giornali rosa sul mio tavolo enorme, nero, grande, pieno di carte, e ho continuato a leggere i giornali vecchi, e strapparne pagine con cura; la mia abbondanza sta nel mio tavolo di cristallo tondo, così assolutamente inutile ma potenzialmente utile, confinato in un angolo dove appoggio le pagine degli articoli, che so che prima o poi riuscirò ad archiviale mentre intanto sedimentano dentro di me; che sa, signora mia, il mio studio è come il mio cervello, pieno di cose e di idee diverse, perché è la diversità che fa nascere le nuove opportunità e io le voglio tutte le opportunità che vedo intorno a me. E le dicevo anche di come l'abbondanza intorno a me si sviluppi nei saluti calorosi che i due Fagiani mi fanno, e ogni tanto faccio due parole anche con loro, che quando ho avuto bisogno loro sono arrivati, che mi hanno aggiustato la tenda nuova che si stava staccando dal muro (forse avevo tirato un p' troppo la corda, come faccio di solito io?) e hanno aspirato la polvere colorata che io ho fatto cadere per terra (non lo sapevo che c'era tanta polvere nera e gialla nella vaschetta della stampante, non ho mai pensato io che l'inchiostro potesse essere polvere e nel cambio delle cartucce con un gesto deciso ho estratto una vaschetta e una polvere magica impalpabile dai toni di grigio e oro si è sollevata e lentamente è ricaduta sul parquet, mentre brillava libera nell'aria del mio studio dalle due finestre e io la guardavo cadere affascinata che così vorrei essere a volte io, una nuvola leggera che sbuffa e si solleva, nessuno la può imbrigliare o fermare, ma riempie di sé lo spazio e il tempo) e a volte con garbo un po' troppo di maniera il Fagiano più vecchio mi porta il caffè, quando non so come, si accorge che non riesco ad uscire dallo studio ed entra con la sua camminata goffa, senza guardarmi negli occhi, oscilla il capo dondolandosi, spingendo in avanti la sua pancia tonda come fosse un salvagente che lo protegge, troppo pauroso per essere sano, e ha ragione il Maschio Alfa, lo avevo capito anche io nelle prime settimane, non fa nulla di male ma io preferisco stare all'erta (beh sì, signora mia, il caffè lo prendo eccome, eh che vuole, non si può mica vivere di illazioni e sospetti e fino a prova contraria siamo tutti innocenti, lo dice la legge no?)

E giorni fa anche il giovane Fagiano prende coraggio ed entra da me e mi fa vedere che lui li ha già contati i vestiti, senza che io glielo dicessi, che ne mancano proprio 18 e già ha avvisato Gambeunghe, e io lo ringrazio e lui ciondola un attimo di più, ma mentre io continuo a fare le mie cose al computer gli dico :- AH grazie, sai, non me ne ero mica accorta che ne mancavano- e lui, con così poco gongola e va via, che io ho parlato con lui ma è chiaro che non ho tempo adesso, e va via contento di aver fatto il suo lavoro e non sa lui che Gambelunghe era entrata da me, con una falcata si era avvicinata ai vestiti, aveva infilato le dita lungo i passanti dei suoi jeans e li aveva tirati su ai lati accompagnando il gesto con un saltello, e aveva sbuffato dicendo :- ma uffaaa. Il Fagiano deve aver contato male i vestiti, dice che ne mancano 18- e io zitta, un mugolio soltanto, che sto facendo delle cose al computer e non voglio che la mia stanza diventi un salotto, ma mi piace che vengano qui e uno controlla il lavoro dell'altro, perché il lavoro è di tutti e va curato, nutrito, salvaguardato, controllato e ricontrollato, lo scopo è avere qui tutti i vestiti e recuperare quelli persi, non altro.

ah signora mia, se lei sapesse che piacere per me poter restare qui con lei, e adesso taccio e penso, non so se lei sa dove ero io un anno fa di questi tempi, penso e guardo intanto le sue mani così curate, con le unghie perfettamente arrotondate e le cuticole ben spinte indietro a scoprire la mezzaluna che indica l'inizio dell'unghia e che tanto mi affascinava da bambina, e vedo che le sue unghie sono lucide, curate, e immagino la sua limetta che veloce veloce corregge e curva, modella e arrotonda e mentre guardo le sue mani graziosamente posate in grembo chiudo un po' a pugno le mie, tentando di nasconderle, che sono una sciagurata io, e sebbene sia piena di scuse e di giustificazioni plausibili e comprensibili, resto comunque con le unghie non curate, il capello mal messo, e un bel po' di chili in più. - Il crollo di una diga- diceva ridendo il Talebano. Io sarò anche una diga crollata, ma lui ha preso la sua valigetta e mogio mogio ora mi telefona sempre più spesso per raccontarmi di lui: non osa dirlo, ma gli manco. Ma sa, signora mia, è un suo problema, non mio, io ho già dato a lui, alle sue insicurezze, ho riempito le sue mancanze e colmato i vuoti, e ne ho ancora di strada da fare io per recuperare la fatica che ho fatto con lui, ma certo è che le unghie le posso curare, il capello lo posso sistemare andando sistematicamente dal parrucchiere, il peso lo posso perdere, lavoro con i vvestiti e, accidenti! arriverà il giorno in cui avrò anche io un armadio pieno di bei vestiti, lui invece no, la sua valigia da me, mai più. Per questo ora mi taccio, rifletto sulla cura che lei ha della propria persona e sul fatto che io finora ho trascurato me stessa perché intenta a riprendere la navigazione cercando di salvare la nave che era stata così violentemente sbattuta dalle onde che ha persino rischiato di affondare, più volte, lei lo sa, lei che mi ha seguito lo sa quante volte la situazione è stata drammaticamente vicino al collasso (nervoso, strutturale, ingegneristico), che, si ricorda? avevamo anche già slegato le scialuppe e stavamo per calarle in mare, ultimo gesto tentando di salvare il salvabile e invece proprio all'ultimo momento sono riuscita a governarla questa barca e a uscire dalla più grande tempesta che ci sia mai stata. Eh sì, capisce, le mie unghie si sono tutte spezzate perché a mani nude ho tirato le corde delle vele... ma come vede ora sono qua, felice, beh insomma, felice è una parola non adatta, sono viva ecco sì, adesso sono viva e ho una vita così piena di cose che non posso fare altro che vivere: se io potessi disegnarle la mia vita e rendere leggibile il suo fluire, lei vedrebbe che non c'è mai spazio per il niente, che anche uscire dal lavoro e pedalare consente ai miei pensieri di fluire liberamente (e corrono a Semprequello che mica posso dire ai miei pensieri di non pensare a lui ogni volta che mi va, e corrono oltre fino a J, e poi ancora più lontano e vorticano a zig zag, liberi e senza condizionamenti, passando per il Santo e il Gruppo Senza Nome, ) e sempre c'è qualcosa a cui pensare, la spesa, la cena, la scuola, la festa, il dottore, il cane, L'Eletta, la Gina, Patrizia, il manoscritto, la traduzione, Fabio, il target, facebook, il pane, la torta, la bicicletta, la boxe...

come no?! Non le ho raccontato della boxe? Davvero? oh, ma vede come sono, imperdonabile, davvero, adesso assaggio un po' di arancia candita e poi le racconto.

Commenti

Post più popolari