Il dubbio


dicono, signora mia, che i dubbi siano portatori sani di novità. Dicono che si insinuano nel cervello di un uomo e pongono domande dapprima semplici e poi via via più complesse, scavando cunicoli e solchi profondi dove prima c'era ordine e tranquillità. Dicono che i dubbi siano segno di grande saggezza, dal momento che nulla è certo nella vita.
Mi siedo qua, vicino a lei, e penso ai miei di dubbi, e penso fortemente a quali sono quelli che mi attanagliano ma purtroppo io non ne ho. Li ho cercati sa, oggi pomeriggio, mi sono messa lì che volevo farne un elenco, magari piccolo. E' evidente che non sono saggia, ma non è questo il punto.
 Ho visto oggi, su Al Jazeera, il video di Gheddafi morto, riverso nella sabbia a faccia in giù.Si figuri, cercavo conforto al mio malessere e ai dubbi che come noccioline erano stati fatti rotolare sin da ieri pomeriggio sul mio tavolo nero mentre alla radio Adele cantava la mia canzone. Come idee piccine che poi si sono gonfiate, le hanno fatte rotolare lì mentre io guardavo fuori dalla finestra e cercavo anche io di capire il bandolo e di leggere il filo conduttore che legava diversi avvenimenti e che faceva sorgere e ingigantire questi dubbi. Solo che, come al solito, vedevo il quadro grande io, e ho sentito la terra tremare sotto i piedi e queste noccioline hanno preso il posto delle mie carte, delle mie penne, dei cataloghi, del calendario, del porta graffette, della libreria, come gocce di mercurio si sono unite in due, tre grandi idee per poi fondersi in una sola e rotolare avanti e indietro sulla mia scrivania.  Così, quando poi mi hanno lasciata sola con questa enorme massa gelatinosa sdraiata in equilibrio precario sulla mia scrivania, ho deciso di ignorarla e ho acceso twitter. E per distrarmi ho letto le notizie di Gheddafi, o meglio, Gadhafi, come lo chiamano nel mondo. E per distrarmi ancora di più sono andata a vedere il video, sì, del rais morto che viene fatto rotolare, e si rovescia a faccia in su, gli occhi semi aperti, sangue rosso dappertutto, la bocca aperta. E poi sono andata su Al Jazeera e ho visto un video, che era lì, messo da poco, visto da 364 persone, e io ho cliccato e sono stata la 365esima, e ho visto Gadhafi vivo, signora mia, vivo mentre lo linciano, 31 secondi di un uomo grondante sangue, sbattuto contro il cofano di una jeep, costretto a mostrare il volto, la parte sinistra tumefatta e rossa di sangue, le urla intorno, gente con i fucili e le pistole, e poi lo sollevano dal cofano e lo fanno alzare, lui urla, il telefonino che lo riprende è sabbioso, l'immagine sgranata, sembra anche a me di masticare la sabbia, io sto vedendo gli ultimi istanti di un uomo vivo, che ho già visto morto. Poi ho letto, sempre su twitter, era dentro una buca, signora mia, dentro una buca come i topi. E poi ho visto la foto di dove dicevano che era stato. Un enorme tubo per le condutture sotto terra. Davanti il deserto. Mi sono chiesta se poteva essere davvero quello il posto dove lo avevano trovato (che come si fa a nascondersi in un tubo, non ci sono anfratti, né vie di fuga, non so signora mia, non so).

Ho dato un'occhiata di sfuggita all'enorme palla posata sulla mia scrivania: aveva assunto cupe tinte blu scuro, come l'acqua delle pozzanghere in città, tra il blu e il nero. Ho deciso di chiudere tutto; ho spento il computer, la radio, la stampante, tutto quanto.
Sa, signora mia, non è che avrei tanta voglia di ricominciare tutto da capo, ma tanto non mi pare di essere io quella che sceglie.
Prima di chiudere il computer ho dato un'altra occhiata a twitter: - non sparate, non sparate!-
Sì, guardi, sto ferma un po' qui, in silenzio, e penso. Mi vengono in mente tante cose, ma quel grido mi ha colpito, sa. Che lui ha sempre disprezzato la vita degli altri: ne ha uccisi, e feriti, e stuprate e prevaricati e schiacciati a migliaia di persone. Conosceva lui quel mondo di soprusi, lo aveva creato lui. Sapeva che era finita, non poteva pensare che lo avrebbero salvato. Eppure si è aggrappato alla vita come ha potuto, urlando che non voleva morire.

Sì, taccio.

Sa cosa ho pensato poi? Ho guardato quella cosa schifosa che galleggiava sulla mia scrivania, stava riempiendo la stanza in netto contrasto con le pareti bianche. Ho pensato che qualunque cosa succeda io me ne vado in vacanza per un po'. Che so, tre giorni. Senza dire niente a nessuno.
Al mare. A Parigi. Oppure a Tokio. Oppure in Irlanda.
Ora come ora mi sa che domani brucio e lascio la mia scrivania vuota.

Commenti

  1. Apprezzo il tuo scritto ed evito le faccettine di commento umorale, senz'altro discutibili su un fatto cosi' increscioso. Condivido l'imbarazzo, l'incollocabilita' dei sentimenti di fronte a queste eliminazioni medievali guidate scientificamente dall'inesorabile esportazione di democrazia occidentale. Il prodotto che ci riesce meglio, evidentemente.
    Dittatori un tempo (neanche tanto tempo fa, invero) onorati e riveriti con deferenza, carismatici oratori che con un discorso dal tappeto rosso convertivano a dozzine la crema delle escort, ora affogati come un insetto intrappolato nella latta, caduto in una fondino di cocacola.
    Ma non e' una storia nuova, c'e' chi ha vissuto le ultime ora di gloria in un pozzetto, chi e' stato sorpreso nel proprio letto (le indicazioni alla squadra speciale di Obama gliele avra' date uno qualsiasi dei vicini, pensando che si trattasse di una festa a sorpresa...).

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