lo hanno chiamato KO Tecnico




Ahm, signora mia, posso sedermi? eh, lei mi ha cercato e non mi ha trovato, e so che anche si è preoccupata per me, e come lei anche altri tra cui il Magnete Rotolante, il quale mi ha scritto:- eh, ma io non ti vedo maiiiiii infatti mi dico ma la Superkoars?

Che vuole sono stata male, capita anche a me di stare male a volte, è raro è vero, ma stavolta si vede che i ripetuti danni si sono fatti sentire, e io devo dirle, a un certo punto ho smesso di oppormi e ho lasciato che avesse il suo sfogo anche il male.

Eh sì, vede come faccio fatica io a stare ferma, non trovo la posizione giusta, ma sa, ho un gran dolore alla schiena, alla pancia tutta, ed è indistinto, come se avessi preso una gran rata di botte, ormai fossero passati un paio di giorni, e il male restasse non ben localizzato ma diffuso, un po' ovunque nel corpo, ma soprattuto nelle viscere della pancia. Un male "viscerale" appunto. Le è mai successo di passeggiare di notte per casa? la luce entra dalle finestre che tanto al quinto piano certo non chiudo le tapparelle, e i mobili assumono una consistenza diversa, diventano quasi molli mentre si cerca sollievo nel passeggiare, e grazie a Dio che non c'è nessuno se non le orecchie ritte e appuntite del cagnetto che finge di dormire sul divano ma si tradisce con quelle orecchie così ritte a vedere dove vado, che faccio mentre mi siedo sulla palla da ginnastica e dondolo un pochino lì, mentre vado in cucina e prendo un antidolorifico, un altro oki che altro non ho in questa casa di tutti sani, e poi rispengo la luce e cammino ancora, magari mi passa, ma perché mi fa male così? La casa di notte assume il fascino di un luogo senza tempo: si sentono i respiri regolari di Figlio e Figlia, si inciampa nelle scarpe che Figlio ha mollato vicino alla poltrona, si guarda dalla finestra una città spettrale, così diversa da quella a cui siamo abituati, e verso le 4 del mattino poi non c'è proprio nessuno in giro, nessuno nessuno e verrebbe una gran voglia di uscire e andare a passeggiare, che il movimento a me fa bene, sempre, bloccami in qualche modo e mi uccidi (non mi blocchi mai le parole lei, né i gesti, né i pensieri, e io riconosco subito i tentativi di fermarmi come riconosco la capacità rara che ha qualcuno di indirizzare le mie energie, come se un leone mi toccasse con il muso, un po' ruvido ma delicato, un gesto deciso ma misurato, eccome se lo riconosco io, che mi lascio toccare nel fianco dal muso del leone e faccio perché mi fido, e come un cucciolo di leone rotolo seguendo la spinta) uh... insomma devo dirle che quando proprio proprio il male era tale che non sapevo più nemmeno localizzarlo ho chiamato il Dottore e lui mi ha detto: -vieni vieni qui- e a mezzanotte mi ha mandato un sms:- Superkoars ti aspetto domani alle due.

Così io ho preso un taxi e sono andata in ospedale nel giorno stesso dello sciopero generale. Il Dottore mi ha visitato e subito ha fatto la faccia allegra, dal che ho capito che la cosa era seria, e infatti mi ha detto: - Superkoars io ti ricovero, che prima ti rimetto in sesto e poi ti trovo un fidanzato- e io ho detto - Sì- ma mi riferivo soprattutto al fidanzato mentre lui pensava al ricovero e così tutto è stato molto semplice, a parte il fatto che non c'era il letto, che ho camminato per il corridoio, che nella ricerca di sollievo mi appoggiavo con la schiena ai muri mentre guardavo quelli che stavano davvero male, con un nugolo di parenti che andavano e venivano per il corridoio, alcuni parlando dialetti incomprensibili, e non erano stranieri, ma venivano da qualche paesino siciliano, e io facevo fatica davvero a capire cosa dicevano al telefono, ma intanto ero in un posto dove non dovevo fare niente, solo aspettare e lasciare che qualcun altro facesse per me. Il mio amato iPod scarico, il mio iPhone silenzioso, niente da leggere o da scrivere. Si pensi signora mia, che mi hanno messo un braccialettino di carta sul polso sinistro, con il mio nome e il sesso e la mia data di nascita (per ogni evenienza) - ma avete paura che io muoia senza dire niente?- ho chiesto io all'infermiera nerboruta dai capelli gialli gialli priva di allegria. Quella si è riparata dietro una cartella ed è iniziata la sfilza di domande:- nome, cognome, data di nascita, malattie pregresse, infezioni-epatite-hiv-morbi, operazioni chirurgiche, intestino regoalre, vomito diarrea, febbre, ha fatto sesso? il suo numero di telefono per piacere. E adesso me ne dia un altro.

-cosa?

ho detto io, un altro numero di telefono? e questa signora mia è una cosa nuova, che lì per lì mi veniva da dire che le avevo già dato il mio e perciò era a posto, e infatti le ho detto così, ma quella imperterrita ha detto:

- un altro, per qualunque comunicazione. Per emergenza.

Così nella mia mente, veloce veloce, mentre guardavo il braccialettino di carta (per ogni evenienza) ho cominciato a escludere quello del Talebano che in effetti non è più mio marito e perciò non ha titolo, quella della Zarina che già è abbastanza carica così che certo non posso dare il suo che sennò mi sfracella, quello di Figlio che fa tanto il figo ma in fondo ha bisogno ancora di essere seguito, e per fortuna che l'Eletta era lì - ah, sei lì? ma allora arrivo, sono qui anche io, mi fermo solo due minuti per vedere che combini!- mi aveva detto ed era salita con tale nonchalance che io le ho creduto, e così ha dato il suo e mi ha tolto dall'impiccio. Adoro le mie amiche.

Sa, signora mia, il suo salottino tondo è così carino, mi piace che sia un salotto rotondo, le sue poltrone lunghe e strette a formare un cerchio, la seta gialla damascata con qualche riga leggera di rosso, il tavolino centrale di ciliegio con una gamba sola che si apre in tre piedini, carino, cos'è, metà '800? E questo pizzo ? fatto al tombolo, eh? Ne ho una scatola piena a casa io, di pizzi antichi, se vuole, se le fa piacere gliene posso dare qualcuno, magari lei ha la passione e ne fa qualcosa, che io ho sempre pensato che si potrebbero decorare delle borse per esempio, fare delle borse di stoffa e poi con accortezza cucirle lì sopra, oppure decorare tovaglie oppure chissà.

Comunque sia mi hanno tenuto lì in osservazione, io mi sono seduta in una poltrona a cui mancava un bracciolo e sono rimasta ferma lì a guardare la vita dei sani dentro l'ospedale, dove le camere con le finestre sono riservate ai pazienti, il resto è solo fissa luce artificiale, i muri sono dipinti di giallo ocra, le porte di verde, un corrimano alto 20 centimetri corre lungo tutta la parete del corridoio e ho capito perché: i parenti dei pazienti ci si appoggiano lì, addossano la schiena al muro e telefonano al mondo, mandano messaggi e piangono a tratti, raccontano con dovizia di particolari i referti medici tanto dettagliati che paiono medici pure loro, che loro malgrado sono diventati esperti di intestini, cateteri, rigetti, terapie antibiotiche, tempi di degenza. Nel frattempo a me mi hanno fatto prelievi, mi hanno rifatto domande, hanno compilato il foglio di ammissione, e del casino dello sciopero dei medici che si ripercuoteva su di loro non mi hanno detto nulla, se non più volte uno scusarsi del fatto che il letto non c'è, al piano di sopra non vogliamo mandarla che la vogliamo tenere qui, dovremmo mandarla in un altro reparto ma deve aspettare che venga qualcuno a prenderla - Ci vado da sola- e così da sola sono andata.

Ho attraversato l'ospedale: sono scesa dal secondo piano, ho camminato nei lunghi corridoi, ho ripreso l'ascensore e sono risalita al 4 e lì si sono presi cura di me, facendo ecografie, domande, chiacchiere, interrompendosi per ricevere altre telefonate, scusandosi del ritardo e dell'abbandono, mentre io guardavo e memorizzavo tutto, raccoglievo dati - direbbe la Donnachefa Accaderelecose- e li lasciavo sedimentare dentro di me. Poi sono ritornata indietro, con i miei fogli in mano, ascensore, terra, corridoi, ascensore, secondo piano, poltrona, riposo.

Il medico che mi aveva preso in cura, un dottore bello, giovane, con le spalle da nuotatore, il camice verde con lo scollo a v che lasciava intravvedere la giugulare e un inizio di petto, le mani grandi dalle unghie curate, aveva ripreso in mano le carte e dopo averle lette, mi aveva detto:- ma le analisi che ha fatto qui erano negative, e adesso le stesse fatte lì sono positive, perché?- Eh, signora mia, ho pensato, sta a vedere che adesso è colpa mia se le analisi cambiano da un'ora all'altra e allora seccata, intontita e stanca ho risposto - ah, non sono mica io il dottore-, e lui mi ha detto -sì, ha ragione- e mi ha guardato negli occhi e mi ha portato a sedermi sulla poltrona, che io a quel punto non ero davvero più in grado di dire o pensare niente. - Faccio controllare le analisi al Dottore, poi le faccio sapere, si sieda qua e non si muova- e io mi sono seduta, e ancora ho guardato un pullulare di vita che gira in circolo e non trova sfogo, dal corridoio alle camere dei pazienti, dai lettini in corsia ai parenti sulle sedie, e che torna poi alle suole delle scarpe del signore sdraiato nella barella in paziente attesa (suole di gomma quasi nuove di scarpe morbide di cuoio trattato, scarpe che dovrebbero portare a camminare a lungo senza affaticare le gambe e invece impudiche mostrano la parte nascosta di sé) e parenti di malati, che arrivano a gruppi di due, nuclei famigliari di persone che si sono scelte e che pertanto si assomigliano (la signora alta e magra, l'eterna Luis Vitton alla spalla, i pantaloni chiari da uomo, il caschetto morbido e biondo, la figlia uguale ma mora, il marito uguale ma in versione maschile, gente che sicuramente va a comprare in Negozio i propri vestiti) camminano e i visi non sono per nulla rassicuranti mentre cercano di modificare l'espressione e man mano che camminano nel corridoio per raggiungere il paziente, adattano il volto al sorriso e alla serenità ed entrano nella stanza dicendo un grande - Ciao!- mentre li vedi che sono disperati.

Sì insomma, signora mia, alla fine mi hanno dato cerotti per fermare il sangue delle punture, antibiotici per bloccare la proliferazione di agenti vitali ma patogeni non ben identificati, antidolorifici per calmare quel male che mi impediva di stare in piedi, affaticava il mio camminare, rallentava il mio pensiero, e addensanti protettivi della mucosa gastrica: mi hanno messo in mano una serie di carte e un po' impensieriti mi hanno lasciato andare a casa, titubanti essi stessi sul fatto di lasciarmi andare via così ma tanto letti non ce ne erano liberi e al piano di sopra non volevano mandarmi. Si figuri che la mattina di sabato mi hanno telefonato dall'ospedale per sentire come stavo - sono viva, sìsì, vivissima- ho detto io, ma ho passato tutto il sabato tra il letto e il divano (che non sono riuscita a scrivere se non con fatica e a tratti, né a leggere senza poi cadere assopita e nulla altro ho fatto se non portare fuori il cagnetto e giocare a Bubble Saga). Nel frattempo ho sognato tutto il possibile, compreso un funerale stile 800, con i catafalchi, le bare nere decorate in oro e il resto lo tralascio, e poi ancora cose bellissime, che veramente mi verrebbe da dire di smetterla con la vita normale e vivere invece quella notturna, ma poi domenica si è alzato un gran vento la sera, un vento che veniva dall'Est, ed è il vento di Mary Poppins, quello che porta cose nuove e straordinarie nella vita di tutti i giorni, ed è così che io adesso creo la mia realtà, tra il sogno e la realtà, confondendo chi legge ma mai chi scrive, cogliendo i segni della consapevolezza e della conoscenza, sicura che mai come in questo momento della mia vita ho scelto le cose giuste, le persone giuste e la strada giusta per me.

Vivo e creo lo spazio della mia vita eroica e di chi la vuole seguire.


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