SIgnora mia, lei mi chiede delle Femmine Alfa: le devo dire che sono uno spettacolo in ognuna delle loro manifestazioni. Mi lasci raccogliere materiale, poi arriverò anche con quello... come dice? i Fagiani? lo Zingaro? il Negozio? ah, ma le metterò in piedi un libro allora, eheheh, mi piace tanto quando lei ride così sommessa, pulita anche nelle risate, vedo i muscoli piatti della sua pancia piatta che si gonfiano un poco sotto il cotone ritorto della sua gonna. Capisco come mai gli uomini si innamorano di donne come lei, in effetti, lei è acuta, intelligente eppure così sanamente prevedibile... ed è un bene, sa, essere prevedibili è un'arte che permette agli altri di affiancarti senza timore di brutte sorprese. Mentre invece cogliere sempre di sorpresa, nella vita come nella scrittura, inventare costruire disfare rifare aggirare cadere gridare rialzarsi correre, questo è imprevedibile e da un lato attrae e dall'altro spaventa, gli u omini specialmente, che non sanno come tenerti a bada, nella vita, nel letto, sul tappeto, che invece, secondo me, sa, poi lei la penserà diversamente, il segreto starebbe tutto nel non dover tenere a bada, tenere a bada perché? Siamo forse cavalli imbizzarriti? beh a volte forse... (le poso la mano sul ginocchio, mi chino in avanti, le strizzo l'occhio e alzo la spalla sinistra, la capisce l'allusione, sì? che fa ride? Si ritrae lei, ma dal guizzo capisco che ha capito, ritiro la mano e rientro nei ranghi, non dovrei comportarmi così con una signora come lei, lo so... ma il silenzio parla , uh se parla...). Sa, il silenzio crea complicità. Io adesso so che lei sa. In sostanza sto costruendo il racconto dentro di me, che le Femmine Alfa sono spettacolari nei loro movimenti, pare quasi di essere in un programma di Quark, con la differenza che non devo dire per forza che mi piace anche quando mi annoio, che qui l'eziologia sta diventando un passatempo formidabile (inoltre sa, pensare al racconto mi permette di mettere insieme tanti aspetti di tante femmine Alfa, che se ne vedono dappertutto in giro, no? lei vuole sapere delle MIE Femmine Alfa e basta? Ah signora mia, come sto bene a chiacchierare qui con lei... Intanto le metto qui questo: per adesso va così.

Mescolo e confondo la vita con la scrittura, la scrittura con le mie storie, le mie storie con la realtà.

Di notte dormo e sogno, faccio sogni intensi dove compaiono tutti, quelli presenti e quelli passati, ambienti di lavoro e case di campagna, palazzi in ristrutturazione, grotte scure, grattacieli che crollano, mari d'inverno e scarpe con i tacchi altissimi. Compare Semprequello, non so che farci, passa e va, e poi strade e ancora scarpe, ed emozioni, e il mio tavolo nero, il Maschio Alfa, il telefono, e quello sguardo scuro, quel reclinare il capo, quel posare i gomiti sul tavolo dal panno verde o blu non me lo ricordo, togliersi gli occhiali e ascoltare i miei vaneggiamenti senza guardarmi negli occhi mentre tiene in mano la mia lista delle cose che ho imparato, ah sì, questa è realtà, ha ragione signora mia, è successo veramente.

Poi mi alzo: il telefono suona alle 6 e 30, io non penso e rotolo giù dal letto. Mi vesto, bevo un bicchier d'acqua, prendo l'ipod e il cane e vado. L'Arcella è un quartiere interessante al mattino presto. Il preside della Zanella corre, ma va veloce lui, si vede che è allenato: ha le cuffiette nelle orecchie, un paio di braghette corte sulle gambe muscolose, un berrettino rosso con la visiera. Fisicamente è un bell'uomo ma a me non piace. Uno di quegli uomini completamente privi di sex appeal per me. Non mi conosce e io guardo da un'altra parte. E' una brava persona, un educatore serio, lo vedo dai comunicati che manda a casa: mi guarda con curiosità mentre ci incrociamo, ma io non ho voglia di vedere nessuno, di salutare nessuno, io non ho voglia di niente al mattino presto, anzi, a dirla tutta, non ho voglia di niente del tutto. Quindi fingo di non vederlo e tiro dritta. Essere maleducate a volte procura un certo piacere.

Alle 6 e 40 del mattino l'Arcella si popola di gente che ha gli orari fissi: la signora ferma con il suv al semaforo si mette il rossetto e se la incontro un po' prima è perché io sono uscita prima di casa, e se non la vedo è perché lei è già passata, e quindi io sono in ritardo. C'è la signora che va in bicicletta, stretta nella giacchina a vento, le scarpette con il tallone scoperto e il tacchetto da 5 centimetri, la borsa di Luis Vitton a tracolla, la faccia scura e infreddolita, pedala nella pista ciclabile e segue con la ruota la curva dolce dell'aiuola. Ho deciso che lei lavora come segretaria all'ospedale: non vedo che altro lavoro potrebbe fare per alzarsi a quest'ora, vestirsi così per benino e pedalare con la sua bella borsetta tracolla.

C'è il proprietario della pasticceria, che arriva tutto calvo con il suo enorme mercedes grigio. Nella stradina secondaria un camion con la scritta "prodotti di qualità per pasticcerie di qualità" ha appena scaricato qualcosa dal profumo di burro. Peccato. Credevo che facessero loro le brioche. E le paste. Chissà dove va a parcheggiare la macchina lui, che una volta mi vedeva spesso a pranzo lì, ma non ero mai sola io. Adesso vado ogni tanto a prendere un gelato, mi sorride comprensivo, a me girano le palle ma è un problema mio, cioccolato fondente amaro per me grazie e della panna montata sopra, 2 euro e 50 grazie cara-come-va? bene grazie (fatti gli affaracci tuoi) arrivederci.

Ci sono gli uomini della pescheria e un olezzo di pesce fresco mi prende alla gola mentre il camioncino riparte e va, il ragazzo giovane mi guarda e cambia un'occhiata con quello più anziano, mentre nelle mani coperte dai guanti da cucina tiene una pompa verde, una canna da cui esce acqua abbondante con cui lava la strada: mi guardano, ormai sanno che passo anche io, che esisto anche io all'Arcella, ah, pensano, questa è quella con il cane, mai vista, e so che aspettano che io li superi per guardami il sedere. Meno male che li passo via veloce, la strada lì finisce e io giro l'angolo e come in un videogioco scompaio e passo al livello successivo.

Stamattina ho preso una deviazione al mio solito percorso, che anche il cane si è seccato, lui che vorrebbe fare sempre la stessa strada: mi sono infilata nella via silenziosa delle casette per bene, quelle a due piani, forse 3 se conti la mansarda. Hanno un giardinetto pulito tutto intorno, gli intonaci freschi, i serramenti nuovi, la ghiaia pare lavorata a mano, un sassolino alla volta. Sui campanelli c'è un nome solo per ogni palazzetto e tutto è lindo come in una pubblicità. Nelle orecchie, sparato a tutto volume i Gotan Project, l'album storico che mi risuona nel petto: alternare brevi corse a lunghe camminate mi piace mentre tutto si colora di un tono particolare dovuto alla musica. Cosa farei io, signora mia, senza la musica: lei lo sa, la musica mi ha salvato la vita. Ma mentre sento la musica che va, vedo un signore che esce da un cancello, e con gesti lenti e misurati lo accosta lentamente, si guarda in giro, ride lui, poi mi scorge, ma sono lontana e non mi conosce, abbassa lo sguardo alle proprie scarpe e con un leggero colpetto fa fare click al cancello. Un click così silenzioso che lo sento pure io signora mia, e guardo questo signore che avrà 50 anni, forse 55, un paio di pantaloni sportivi scuri, belle scarpe, una giacca di camoscio e una borsa tracolla, cosa ci terrà in quella borsa, penso io, e ancora lui dà un'ampia occhiata in giro, non sono nemmeno le 7 del mattino, la strada è una piccola strada dove non passa nessuno, e lui si incammina veloce dopo una piccola esitazione: arriva di gran passo alla strada principale, si volta mi guarda e sorride, ma non a me, sorride in generale, è un uomo felice quest'uomo che gira l'angolo in fretta e poi lo vedo che cammina più lentamente, rilassato e felice, cosa avrà mai nella borsa a tracolla, non un computer, magari un pigiama? un cambio per la notte? una maglia? Proseguo e mi avvicino al cancello della casa, e camminando ben coperta dal mio cappellino guardo dentro e vedo una donna, che si stringe nella sua vestaglia di flanella bianca. E' in piedi sul terrazzo della casa, ha steso una coperta a prendere aria, e sta ferma lì, sospesa in un gesto energico e vitale, come sbattere una coperta all'aria fresca della primavera. Lui è l'amante, è certo, ha passato la notte lì, magari lei lo ha invitato a cena, il marito è via, anzi no, lei vive sola, è lui che ha un lavoro un po' delicato, che non sta bene che lo vedano in giro a quest'ora, perché secondo me lei è la cugina di un amico comune, e non c'è nulla di male ma sarebbe bene evitare le chiacchiere inutili, che sono dannose e basta, ma la notte tra loro è stata spettacolare, hanno dormito insieme, abbracciati per un po', poi si sono staccati perché non è mica facile dormire con una persona di fianco, ma stamattina erano così contenti di trovarsi insieme, che hanno fatto la colazione in cucina, con una enorme cuccuma del caffè e purtroppo lei aveva finito i biscotti, ma ha preso il pane da tost, l'ha tostato, ci ha spalmato un po' di burro e poi il miele, ed è stata una colazione meravigliosa, di quelle che ti danno una carica per i giorni a seguire, e lui ha chiuso piano il portone, che non sta bene uscire così furtivamente dalla casa di lei, ma lo aspettano al lavoro, che lui lavora ...ah sì, all'ospedale, lui è un medico dell'ospedale, e metti che passi adesso l'infermiera di prima? Sai poi i pettegolezzi, invece lui ci vuole andare cauto in questa relazione, mica è facile rifarsi una vita a 50 e passa anni...

fanculo, beati loro, riprendo la corsa, breve che ho il petto che mi schianta e il respiro che si fa di brace, sono già sudata, chissà che ore sono, beati loro due.

La madre del fornaio nonha ancora aperto le serrande, ma io passo vicino alla finestra e lo vedo, dietro la grata che ripara la finestra, che armeggia con il suo cappellino bianco, lui e l'aiutante straniero, e intorno per la strada un acre odore di lievito per pane mi stomaca: a me piace il pane che faccio io, lo metto a lievitare nella macchina del pane, poi lo tiro fuori, gli do una bella forma e lo ficco nel mio forno a gas nuovo, nuovissimo che cucina perfettamente anche una teglia molto più lunga che larga.

Poi c'è gente che passeggia veloce, passi lunghi e visi bassi, che ancora al mattino fa fresco, e vanno verso la stazione ferroviaria, ma saranno 3, 4 persone, non di più. Ben distanziati gli uni dagli altri sono chiaramente italiani: lo vedi da come vestono, dai lineamenti del viso, dal taglio dei capelli. Vanno a prendere il treno perché uno lavora agli uffici della provincia a Mestre, l'altra in Regione, a Venezia. Vita dura per i pendolari. Una signora secondo me non è nemmeno dell'Arcella, ma viene da Pontevigodarzere: i capelli messi in piega da un parrucchiere di periferia, un tailleur tipo Max Mara stile "donna manager di una certa età", colore rosso scuro ( e mi pare di vederla la commessa che le suggerisce il rosso cupo perché "bisogna osare, tu stai daddio con questo taiiiier, la giacca di questa lunghezza copre la gonna, diomio come stai bene sembra fatto su di te, vedessi dietro come ti sta, ti sconsiglio quell'altro, questo è perfetto con la sua camicia sotto" ) una buona taglia 46, forse anche 48 o addirittura 50 sui fianchi, una camicia di seta ecru con fiocco alla sinistra del colletto, scarpe basse, delle balllerine prese dalla Valleverde ("queste le metti con tutto, sono un guanto, come le senti? vedrai come ti trovi bene, avrei anche la bigbag da abbinare, eh te la prendo, eccola, sì hai ragione in realtà è una borsa grande ma adesso la chiamano BIGBAG va tanto di moda, è di un comodo che poi non la abbandoni più, e guarda, ha anche la sua tasca porta cellualre dentro", e io mi domando, signora mia, ma dove è finito il tono rispettoso delle commesse che davano del lei? perché queste si permettono di darti del tu solo perché la signora non ha la faccia da stronza ma è solo stanca, vuole delle scarpe comode e basta? che dice? dove sono finite le buone maniere signora mia? Siamo tutti stranieri che ci diamo del tu come fossimo amici di vecchia data da sempre?) due figli già grandi, un marito che è ancora a letto, lei va a Venezia, fa la dirigente ma deve dare il buon esempio: una delle tante donne che devono primeggiare sempre. Che disdetta, penso io, povere loro. Penso che io non sono mai stata prima in niente, non mi ricordo di essere mai arrivata prima da nessuna parte, possibile sì?


E' bella questa parte dell'Arcella la mattina presto: tutto è lindo, i parcheggi sono liberi, il cielo è terso, i gerani sono messi nei vasi tra le tapparelle e le inferriate, le rose si infilano prepotenti tra le reti di recinzione e prima o poi me ne prenderò una sperando che il proprietario non se ne accorga, e raccolgono dentro di sé stille di acqua che se le sfioro con la mano piangono, e il cagnetto si bagna e si scrolla tutto che quasi sembra perdere l'equilibrio nonostante le 4 zampette. Io rido e mi pento di non aver portato il telefono per fare le fotografie, e vorrei avere una macchina fotografica bella per fare le foto che voglio io e poi tornare a casa e giocare con Photoshop CS5 (si es faive, per piacere), nel frattempo penso alla mia nave che è partita, sono riuscita a mettere in moto parecchie persone, e poi un giorno riceverò una telefonata, che il mio cellulare squillerà nell'esatto momento in cui io starò per chiudermi alle spalle il portone del mio Lavoro Benedetto, e io risponderò e dall'altra parte una voce maschile americana mi dirà:- Hallo? Is that you? - A quel punto io, cercando le chiavi della bicicletta attraverserò le strisce pedonali, mi infilerò sotto al portico e cercherò di capire che cazzo sta succedendo e poi dirò a me stessa:

- O porca puttana, allora è vero.

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