i Figli e altre minuzie 1 di 3


che poi vede come sono le cose, bastano un paio di giorni di silenzio in cui non mi accade nulla che sia degno di nota (anche se, le dirò la verità, ho visto occhiate, ho percepito esitazioni, e frulli lievi come battiti di farfalle, e i nostri visi così vicini, vicinissimi, troppo, devo dire, che io ho abbassato lo sguardo e mi sono detta che non è vero, oltre al fatto che non si può, eppure così vicini, signora mia, ma poichè mi sono stufata di vedere le cose che nn ci sono continuo a dirmi di non aver visto nulla che non sia frutto della mia immaginazione) e insomma in questi giorni in cui apparentemente non mi succede nulla degno di nota avviene che mi torni in gola la sensazione di avere sbagliato, che Figlio è troppo giovane, menter compilavo l'ultima delle carte che servivano per il suo viaggio in America e alla scritta età diligentemente digitavo 1 e 6, e il 16 appariva così giovane e fresco, lieve davanti alle ingiurie del mondo e io lo spedivo via così, un 16 che da solo doveva attraversare l'oceano, senza nessuno con cui condividere le emozioni del volo, lo smarrimento di un aereoporto gigantesco e bainco come quello di Parigi, e mi sono detta che avevo fatto uno sbaglio, non avevo tenuto conto dei pericoli, delle paure insiste nella vita e nelle cose da fare da soli, e il pensiero non era rivolto al perdere Figlio, ma al lasciarlo da solo, e lo so che si diventa grandi così ma fino a quel momento avevo pensato che il rischio era calcolato, e far crescere un figlio significa prima di tutto mettergli in mano gli strumenti per cavarsela da soli, e mi pareva una cosa giusta questa finchè non ho visto quel 16, staccato dal suo essere grande, tranquillo e sereno, un 16 anni sulla carta, così impersonale signora mia, così piccolino e io lo mandavo da solo, che come al solito non avevo pensato alle implicazioni minute ma avevo visto solo il grande quadro generale, e oramai era troppo tardi per dire di no, e così con Figlio ho fatto la valigia, mentre lui apparentemente svagato mi girava attorno e io chiacchieravo e facevo le ultime raccomandazioni - mi raccomando cucina per loro la carbonara, che farai un figurone, stai attento all'aereporto di Parigi, è enorme, sorridi quando arrivi alla dogana in AMerica, che quelli sono fetenti se il controllore decide che gli stai antipatico ha il potere di non farti entrare senza darti nessuna spiegazione, mi raccomando, vivi attaccato alla vita, interagisci con Gina e i ragazzi, mi raccomando, questi sono i regali per loro, lo spazzolino da denti portatelo in viaggio con te, che con tutti quei ferri ne avrai bisogno mentre viaggi, segui i ritmi del sonno che ti suggeriscono in aereo, non sono cazzate della mamma, ma mi ascolti?- e poi Figlio mi guardava già perso nel suo mondo, -dai, suonami qualcosa- e allora Figlio andava al pianoforte, la sala un casino immane, le carte in cui avevo avvolto i regali, le penne per i biglietti, lo scotch, parte della spesa, le carte da portare dal commercialista, la cassetta dei ferri perchè usando la bicicletta come un'automobile avevo considerato il cestino come un bagagliaio e si era invece staccato un pezzo del cestino, e in mezzo al caldo, il ventilatore che va, Figlio si è seduto al pianoforte e io vicino a lui - mamma, il notturno di Chopin lo suono da DIo- e io che mi rendo benissimo conto che è giusto, Figlio se la caverà, non è giusto il casino che abbiamo intorno ma di sicuro è giusto che io stia qui, ad ascoltare lui che suona al pianoforte, che sono 4 anni ormai che studia da solo, e adesso una lezione alla settimana con Stefania riesce a farla, ma fino ad ora ha fatto tutto il percorso da solo, lui , Garage band e la sua passione per fare le cose fino in fondo, che lui è come me, signora mia (che a proposito di passione io lo guardo quest'uomo nuovo e fingo di non vedere, lo sento e fingo di non sentire, e sento un fremito ma taccio, la vita a tratti tenta di salire e io la ricaccio giù, e ancora i nostri visi così vicini, nel poco tempo a nostra disposizione, ma poi per fortuna la barriera dell'ultimo centimetro non viene superata e restano sguardi oltre il marciapiede e amichevoli saluti e sorrisi, ma io sento e fingo e lui finge e chissà, forse non sente), che quando io comincio ad appassionarmi a una cosa su quel filone proseguo, ed ecco che lei troverà tutti libri della letteratura indiana contemporanea a casa mia, che per un periodo durato due o 3 anni quelli leggevo, oppure troverà libri e libri sui chakra, e via così, chakra e mandala, tradizioni esoteriche, la storia di Cristo, Zakaria Sitkin a cui sono approdata dopo aver solcato le carte di Graham e i testi su Atlantide, e così anche Platone, o la storia degli ultimi zar e del piccolo malato di emofilia, o i libri in spagnolo della Isabel Alliende e ancora scrittori spagnoli come Vargas Llosa che la lingua spagnola è uno spettacolo tintinnante, e collane di8 autori latini e greci, che li ho letti quei libri, tanti, tutti quelli che ci sono qui, ah signora mia, così ho fatto anche con i miei uomini, fossero Carri o avvocati o Talebani, o muratori, o studenti, sempre in fondo ho deciso di andare, e così anceh con le amicizie, che il tutto o niente non è una attitudine ma un modo di vivere la vita, e spero tanto che lei mi capisca, signora mia, che io cerco sempre di misurarmi, di contenermi e trattenere, che corro troppo, volo in alto e sempre troppo in alto, mentre il mondo va a passi misurati, il mondo non ride forte, non ha orgasmi che spaventano, non fanno di un uomo da letto un uomo da amare; il mondo non pretende l'amore a due puro come acqua cristallina, non spinge il pensiero oltre, sempre oltre anche nel lavoro; per certi versi così è Figlio, come me, che vive nel mondo seguendo il proprio ritmo così come io gli ho insegnato a fare, che se c'era un bambino fragile quello lui era, piccolo sin dalla culla, così tremenfdamente fragile come Figlia non è mai stata, così bisognoso di attenzione, e mano ferma e accogliente, che non si perdesse, e la fatica che mi è costata seguire un figlio così, sempre con la sensazione di essere inadeguata, mentre a casa tutti erano intelligenti e io non riuscivo a stare nemmeno dietro a Figlio per bene . così mi si diceva- e invece era solo perché Figlio aveva necessità particolari, che muio se ancora penso alla fatica che mi è costata seguirlo, che un giorno le racconterò signora mia, non ora che lui è in America e l'ho visto su Skype, che comincia a perdere un po' la sbornia dei primi giorni, e adesso la lingua comincia a diventare una difficoltà e lui non lo sa che è tipico questo di chi ha cominciato ad acquisire una buona padronanza della lingua straniera e però ancora strada ce n'è parecchia da fare, ed è frustrante non riuscire a capire tutto eppure è così che fiunzoina, la lingua si impara a scatti, non è una cosa fluida e ...

Ogni 3 settimane andavo dal parrucchiere, sempre il sabato mattina alle 9: una volta ogni due facevo il taglio, più tardi, anceh le meches. Andavo con la zia, lei nel reparto seguito da Franco io in quello seguito da Roberto. Ed era bello Roberto, molto più grande di me, con i jeans stretti sui larghi fianchi maschili e la pancia piatta, le spalle larghe anch'esse e i capelli un po' lunghi, i baffi scuri ben curati, posava i polpastrelli umidi sulla mia mascella e mi guardava allo specchio mentre raccoglieva con le dita i miei capelli bagnati, li tironava un po', dolcemente, e con voce profonda diceva:- Sei sempre più bella . Mi procurava sempre un brivido di piacere sedermi davanti a lui e guardare nello specchio lui che teneva i miei capelli in mano, e a tratti mi guardava fisso negli occhi e io sorridevo e lui sospirava. Mi piaceva salire le scale, sentire gli odori delle lacche, i rumori dei phon, la sua voce che chiamava forte:- ragazze... pulizia!- e una ragazza che correva subito con la scopa. Un giorno la zia mi disse:- non capisco dove vanno dal parrucchiere tutte le signore bene della città. - E da quel giorno andammo da Jean Louis David. Ogni 3 settimane facevo le meches e il colore. Una volta ogni due facevo il taglio.

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