Il vento e la vela



Come la furia del vento arriva e spazza.

Raccoglie dalla strada la polvere stantia, ingrassata dallo smog pesante, la solleva in nugoli, la trasporta assieme alle cartacce, la fa sbattere sui muri delle case, raccoglie le foglie morte, I sacchetti di plastica, e li trascina lontano, giocando con gli ombrelli da quattro soldi cui facilmente riesce a piegare le stecche.

Anticipa la pioggia, questo vento irruente, e ostacola l’apertura degli sportelli delle automobili in cui gli altri cercano rifugio, e grida ”grandine” mentre le macchine prima corrono e poi si fermano tanta sarà la furia dell’acqua che il vento porta, acqua e grandine arrivaranno.

E fa circolare la polvere, e straccia I rami, e piega le tende amorevolmente appese alle finestre. E soffia il vento, prepotente entra nelle case, scompiglia solleva I fogli di carta, le parole scritte e quelle mai dette e le porta lontano da dove sono nate e da dove sono custodite.

E fa sbattere le finestre, violento, colpi su colpi, per piegarle, frantumare I vetri e rompere gli infissi, in un ripetuto sbatacchiare a ritmo sparso, con suoni cupi che preannunciano il fragore dei vetri per terra, lo scardinarsi dei chiodi infissi nel muro.

Si intrufola il vento, è prepotente, si allea con le goccie di pioggia e le carica, come piccoli pugnali colpisce il viso, sferza I capelli sollevandoli, cercando di strapparli, e penetra nel collo, scorre sulla pelle della schiena, la raffredda con una carezza gelida e profumata, porta I brividi dove prima c’era tepore, e il suo tocco si diffonde in tutto il corpo e invano le mani cercano di ripararsi, di stringere la camicia al petto, ormai il vento è entrato sotto la pelle e solleva brividi fin nelle ossa.

E` così: come la furia del vento arriva e spazza, così sei tu per me.

Scardini gli infissi che qualcuno, nella tua casa, ha lasciato aperti. Fai sbattere le tende, strappando ciò che mitiga la luce nei giorni di sole. Graffi, con sferzate acute dove si era posato lo smog. Prepari il mio animo alla tempesta e irruento dici che mai ti poserai; gridi che sei instabile e libero, vai e torni carico di grandine, scuoti I miei rami e fai cadere le foglie verdi minacciando ti abbatterle tutte. Ti intrufoli senza tregua, solleciti le crepe ad allargarsi, le provi, le fai cedere, spingi e tiri e poi te ne vai, dicendo che non puoi fermarti.

Io mi fermo: non corro a chiudere le finestre, non ritiro le tende, non raccolgo I miei fogli sparsi. Io lascio che tu entri in casa mia, scappando dalla tua, lascio che tu faccia roteare I chiodi sui cardini, e che sollevi la polvere che si è posata sulle mie cose.

Non mi importa se farai danni.

Io mi fermo e ti accolgo: di questo avevo bisogno.

Perchè io non sono una casa. Io sono una vela issata sull’albero più alto della mia nave: io saprò imbrigliarti lasciandoti soffiare libero.

Io mi gonfio, le mie fibre di canapa spessa si tendono sotto la tua irruenza, e si allungano bianche e forti. Io sono la vela e tu il vento che la gonfia.

Finalmente.

Entra pure nella mia stiva: troverai tesori nascosti o un riparo sicuro. Vedremo.

Ma intanto io mi gonfio, a volte vacillo e ondeggio indecisa sotto la tua spinta.

Ma tu continua a soffiare e a soffermarti: continua ad andare minacciando di portare la grandine con te, e poi improvviso ti fermi, mi guardi e mi respiri.

Io sono la tua vela e tu il vento che la gonfia.

Sei il mio arcano numero XI.

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