I numeri primi





Eccomi, mi scusi, sono un po' in ritardo, è vero, ma la colpa stavolta è tutta mia, che sa, me la sono presa con comodo, in queste lunghe ore di agosto dedico molto tempo a godermi il mio tempo, e le sembrerà come al solito una delle mie fesserie, ma in realtà avere del tempo è ciò che mi mancava, così adesso me lo godo. Sono andata in libreria, ieri, alla Mondadori, e ho girato sopra e sotto, senza cercare nulla di particolare se non Ermete Trimegisto, che quelli del piano di sopra mi hanno detto di chiedere sottto, quelli del piano di sotto mi hanno indicato di sopra, sopra nello scaffale Classici edizioni economiche non c'era, era comunque tardi, è agosto e sono le 7 e 25 che insoma che cosa vuole ancora che ha già una pila di libri in mano?, pareva proprio che mi dicesse così il commesso annoiato, lungo e alto costretto dietro quel ridicolo baracchino ovale, con un computer che ha solo lui e che solo lui può usare, e invece mi domando, signora mia, che cosa ci vorrebbe che mettessero un computer touch screen in modo che ciascuno può andare a cercarsi l'edizione e il titolo e la disponibilità e lo scaffale? Così ho traballato verso la cassa e ho pagato ben 67 euro cash di libri. Eh, dirà lei, nemmeno tanti per dei libri. Eh, le rispondo io, insomma, dipende dalla somma depositata in banca, dalle spese che andranno fatte, dalla gestione degli imprevisti, dalle spese che andranno fatte anche se non si potrebbe, tipo finire di pagare il dentista per Figlio e ricominciare a pagare il dentista per Figlia. Resta però il fatto che trovo ancora estremamente sorprendente che ogni mese vengano versati dei soldi sul mio conto, che l'altro giorno ha avuto un sobbalzo in su mentre tutte le borse del mondo andavano giù, e improvvisamente è più che raddoppiato, e siamo al 10 agosto e mancano ancora i soldi del Talebano, che quelli arrivano, con calma, molta calma, ma arrivano anche se pochi, e pertanto ci stiamo dentro, signora mia, come diceva la Mami esiste sempre la Provvidenza, e nulla di più vero per tutto ciò che mi riguarda. Una volta sa, mica ci andavo a comprare i libri, o meglio, ci andavo ogni tanto, ne compravo uno a volte due insieme e poi spesso li nascondevo, che non volevo ogni volta giustificarmi su quello che leggevo e sul perchè. Che poi sa, alla fine, ho sempre fatto come volevo io, e ho sempre letto le cose che volevo leggere io, ci mancherebbe altro, ma il tutto era una tale combinazione di fatica su fatica che anche leggere era una conquista. Forse è per questa mia strana e tardiva evoluzione che oggi ho comprato parecchi libri, ed ho esitato nell'acquisto dei numeri primi (no no, non il best seller di due anni fa, quello l'ho letto, sì, diomio come era vero quello lì, un libro orribile, l'ultimo romanzo che ho letto, io credo, durante la mia attraversata da una vecchia vita a una nuova), ma un altro il cui titolo è "L'enigma dei numeri primi" e non è un romanzo ma un saggio, Marcus du Sautoy, lo conosce sì? L'ho comprato oggi, che sono ritornata e l'ho preso, con la scusa che ne farò un regalo a un Luminare che ho conosciuto a sera a una cena e che ha detto:- Non è difficile rifarsi una vita: basta puntare sui numeri primi- Va beh, signora mia, lui è un Luminare davvero e io parteggio per il duale, però sta storia dei numeri primi ci ha stuzzicato il cervello, a me e all'Eletta, e abbiamo provato ad approfondire con lui la questione, ma al solito eravamo isolati, noi tre isolati e la congrega invece ci ha rivoluto insieme, allegramente a condividere il vino e il cibo, ma la faccenda della scelta dei numeri primi è rimasta lì, una trottola sul tavolo che ondeggiava, e ancora gira nelle nostre teste, che io e lei ne abbiamo parlato, e io sì, ho trovato dei numeri primi senza dubbio, indivisibili se non per se stessi, moltiplicabili per tutti gli altri numeri, ma io che razza di numero sono io? Fatto sta che sono tornata a casa con i miei libri, e guardi qui, aspetti che li tiro fuori aspetti...ecco... guardi... beh ho deciso che il libro dei numeri primi lo regalo al Luminare, invece guardi, ho preso questo e poi, ecco guardi, aspetti...uff, eccolo guardi ...anche questo ..e questo qua, lo conosce? e poi questo...

Mia sorella una sera era arrivata a casa, al solito, stanca e affranta, sempre più magra e sporca dopo alcuni giorni di assenza. La zia, come ogni volta quando arrivava mia sorella, le aveva preparato un caffè in silenzio benchè fossero le 11 di sera. Io mi ero seduta al tavolo antico dal piano di marmo della grande inutile cucina che avevamo. Avevo posato i gomiti sul tavolo e le mani sotto il mento, incurvando la schiena. Mia sorella era silenziosa e con lo sguardo basso. La zia mi passò dietro le spalle e mi diede un colpetto alla schiena, affinchè io la raddrizzassi e togliessi i gomiti dalla tavola. Poi mi sorella parlò e disse che aveva trovato una casa, un luogo dove andare a vivere. La zia propose di darle parte del suo corredo, ma mia sorella si oppose ridendo in maniera sguaiata. Così litigarono. Mia sorella disse delle cose orribili poi rovesciò il caffè sul piano di marmo chiaro di Carrara, su cui la mamma una volta aveva fatto i biscotti e ci aveva permesso di fare le formine. Il caffè nero si allargò sul tavolo e gocciolò denso e scuro sul pavimento alla veneziana. Non contenta, mia sorella prese la tazzina e la scagliò contro la piattaia della nonna, facendo cadere il piatto grande di limonges. La zia d'istinto si voltò e prese il piatto al volo, ma urtò la credenza e fece cadere i piatti degli asparagi che si urtarono uno contro l'altro e caddero, rompendosi. La zia strinse a se' il piatto grande e rimase fissa a guardare i piatti che si frantumavano. Mia sorella si alzò e se ne andò. La zia ne fu sconvolta, passò settimane a lamentarsi con le sue amiche che lei aveva la coscienza a posto, aveva fatto tutto il possibile per noi e anche di più, che l'anima della mia povera mamma sapeva e dall'alto la benediceva. Scoprimmo che mia sorella era tornata a casa parecchie volte nel passato quando noi eravamo dal parrucchiere: frugava nei cassetti e rubava, a volte i soldi, a volte i gioielli, più avanti anche i vestiti. Fu così che la zia cambiò la serratura della porta, nonostante fosse blindata e costasse parecchio. Il portinaio aveva l'ordine di non farla passare. Io non avevo modo di parlare con lei. Mi mancava il suo corpo magro vicino al mio, il suo respiro regolare mentre dormiva, quel suo indefinibile profumo di uomo e di vita, quei capelli lunghi e neri, quel suo bisogno di un abbraccio, il mio. Pregavo Dio perchè me la facesse incontrare per strada. Uscivo dal mio ufficio e guardavo in giro, per vedere se magari si nascondeva dietro una qualche colonna, in attesa. Passò così tutto un inverno, finchè mio padre, ormai incapace di capire dove era, una notte spirò.

La mia grande disperazione era non poter avvisare mia sorella.

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