La carta bianca
Sono un po' turbata oggi, la sera scende su me un vago senso di inquietudine che forse ha origini lontane: alcune cose mi turbano proprio ora che comincio a sentirmi meglio. Devo capire per esempio, come mai andare da Coin nel reparto casalinghi mi procura un generico senso di impotenza misto a un desiderio di piangere, lì, in mezzo a tutte quelle belle tavole, alle tovaglie di cotone, i bicchieri in saldo, gli strumenti per la cucina. Io adoro cucinare, signora mia, mi piace, mi ci dedico sempre con passione, fosse anche solo un piatto di spaghetti in bianco. Non ci vado più da Coin casa. Almeno finché non trovo il modo di migliorare le mie finanze. O forse chissà, finché non ci vado con qualcuno. Oppure finché non capisco perché mi fa sentire così.
Al Lavoro Benedetto oggi ho lavorato più che le altre volte: c'è il sito da rimettere a posto, o meglio, entrambi i siti, più il negozio online. Se lei volesse andare ora a vedere come sono fatti... così che magari poi mi dà un suo parere, ah sì ecco, mi dia il blocchetto che le scrivo, ecco qua, bella questa penna biro, scivola via sulla carta, ecco a lei, la sua carta bianca dove ho scarabocchiato i nomi. Al Lavoro Benedetto mi è stata data carta bianca, e tutti gli strumenti di cui avevo bisogno. Ancora questa abbondanza che arriva come se fosse acqua che scende, limpida, che prima di chiedere io ci penso ma poi, basta dire e zac, mi viene dato, che è sufficiente un sospiro, una parola detta a mezza voce, che sa, io non sono abituata a chiedere ma soprattutto, non sono abituata a ricevere con tanta facilità. Carta bianca, capisce signora mia, che cosa grande... Guardi guardi, le faccio vedere che cosa mi è successo, che io attaccavo dei fogli sul muro bianco con lo scotch e nessuno, dico nessuno è venuto a dirmi - eh, ma che fai...si rovina il muro...- e però io ci pensavo al muro che si rovina, che il Talebano voleva che a casa si usasse lo scotch di carta e sarà anche uno scienziato ma a volte aveva ragione pure lui anche se a casa avevamo rotoli di scotch di carta giallina, così triste e giallina, e perché, mio sono domandata, perché io non prendevo il martello e non attaccavo i chiodi? perché mi sono mantenuta sempre in questo stato di precaria inutilità sulle cose che riguardavano me nella mia casa? così in ogni caso ci pensavo che non dovevo mettere i foglietti sul muro ma non avevo altra soluzione finché passando dal magazzino ho visto che avevano una lavagnetta, di quelle piccoline con i pennarelli colorati e le calamite e io subito ho scritto una stupidaggine per il Fajano Junior, e lui a ridacchiare e annuire dicendo - vedi vedi, così adesso me lo ricordo quello che scrivi- e così io subito avevo piazzato lì l'indirizzo del francese a cui mandare il pacco con il look-book, e avevo appiccicato lì l'indirizzo con la calamita tonda e rossa posata sul foglio bianco e con il pennarello verde avevo disegnato una gran freccia e poi avevo scritto :- Ricordati!- e il Fajano annuiva, -ah non ti preoccupare, adesso me lo ricordo di sicuro, la lavagna serve, vedi? lo avevo detto alle ragazze che serve!-. Così sono andata in Trincea, ho chiesto a Soldato Jane se sapeva quanto costavano le lavagne magnetiche e lei senza nemmeno alzare la testa da numeri e fatture e inserimento di fatture, mentre mandava a quel paese l'ennesimo rompipalle che voleva fare la consegna troppo tardi o troppo presto, aveva alzato il braccio sinistro e con una mano sola aveva tirato giù un librone giallo che nemmeno l'elenco telefonico di Roma è così grosso, lo aveva fatto cadere sulla scrivania, aveva sbattuto la cornetta del telefono, e aveva ripreso il lavoro di inserimento fatture. Avevo guardato le lavagne, poi avevo scelto il codice, poi ero andata in fondo al librone e avevo guardato i prezzi, e poi alcuni giorni dopo o forse settimane dopo chissà, in un momento in cui ero troppo stanca per combattere contro me stessa, ho chiesto se potevo prenderla e naturalmente la risposta è stata:- Sì.- Senza bisogno di spiegazioni, così, liscia e senza alcun perché. Così adesso ho anche la lavagna, che nemmeno me la sono dovuta montare, che hanno fatto tutto loro, con il Fajano Junior che aveva portato persino quello strumento per metterla "in bolla", e tricchete tracchete mi hanno montato la lavagna. Bianca. Enorme. Con le calamite tonde e rosse. E 4 pennarelli. Ho sempre desiderato una lavagna così, glielo devo dire signora mia, che poi cancello con le dita, mi rendo conto che mi sporco le dita e allora le pulisco sui pantaloni, mi rendo conto che sporco i pantaloni e mi dico, ok, dopo cancello con la velina, ma due volte su tre mi dimentico della velina e cancello con le dita. Una lavagna enorme, signora mia. Bianca appunto, come bianca era la carta che mi era stata data per fare i siti: - Avete carta bianca.-
La carta bianca fa paura, elettrizza ma fa anche paura e io stamattina mi sono fermata e sono rimasta in silenzio, davanti a tanta "carta bianca". Nel mio sbatacchiare di qua e di là, mi è venuto in mente che avevo visto dei siti molto belli mesi fa, che li avevo mandati come link a uno che aveva un sito orribile, vecchio e stantio, e così sono ritornata alla posta inviata da Superkoars e ho messo in atto una ricerca, e sono rotolata prima e schiantata poi davanti alla montagna di cose che avevo scritto, per lui, per il sito, per i figli, per due progetti nuovi, e poi filastrocche, lettere, suggerimenti, inviti dati e ricevuti, link, e file di word in cui dicevo:- leggi e correggi- e barzellette, e insomma, signora mia, un mucchio di vita che ho investito io mentre disperatamente mi ritagliavo un pezzo di vita nel mezzo del deserto e della totale assenza.
E poi ho ripensato al silenzio, signora mia, al rumore assordante delle parole che ancora mi rimbombano nelle orecchie (- Ma che cazzo fai? Sei impazzita? cos'è 'sta roba? Perché? perché? perché?-) e ai silenzi, che si prolungano nella mia vita come strisce colorate, sbatacchiano come le falde di un mantello, schioccano lievi nell'aria e profumano di diversi profumi (i silenzi di paura, quelli dei pensieri, quelli del riposo, quelli di estasi, quelli di comprensione, quelli imposti, quelli voluti, quelli che urlavano, quelli che venivano rotti). Mentre le mie parole sono canterine, trillano e rimbombano chiassose, si fanno spazio nel buio, schivano il rispetto e la privacy, persistono, sì, persistono nel farsi materia, e forse per questo magari qualcuno mi odia, ho pensato, magari qualcuno mi odia perché incatenato alle mie parole, corroso dall'inaspettato rumore che fa tutto questo mio farfugliare.
Alla fine della mia ricerca, ovvero all'inizio della selezione, ho trovato la mail che rimandava ai siti. Ho avuto un attimo di esitazione davanti a tutto quel dispendio di vita e di energia e mi sono sentita smarrita. Ho guardato la mia lavagna appesa alla mia destra: non è più bianca, ma piena di fogli, di appunti scarabocchiati, calamite e frecce.
Ho chiuso la posta di Superkoars e ho cominciato a lavorare: quando ho rialzato la testa erano quasi le sei e mezza e la carta non era più bianca.
Meno male, mi sono detta, meno male che io mi butto, a occhi chiusi e anche se nella mia vita non faccio grandi cose, i fogli bianchi che mi vengono dati li riempio.
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