Mi dica di lei...


Buonasera signora mia, come sta? Oggi nuovo mese, nuova luna, nuove carte, nuova bici, mi scusi, aspetti che mi infilo qui, ohsignù che stanca, fa caldo e sono affaticata non vedo l'ora di sdraiarmi un po' e meno male che domani è festa e che non vado al Lavoro Benedetto nemmeno il giorno dopo, perché, come ho detto al Maschio Alfa, sono veramente stanca e lui ha annuito e ha approvato la mia scelta di stare a casa anche se il resto io non glielo ho mica detto, che sa come sono fatta io, che se comincio a raccontare poi, una voragine si apre dentro di me; e mentre tornavo a casa in tram, senza ipod e senza bicicletta, ho pensato che non è male nemmeno fare senza le cose, perché così penso alla mie di cose, invece di turbinare in giro cercando di nascondere la verità. Così oggi pensavo, che strano signora mia, mi sono detta, come è strana la verità che quando la dici nessuno ti crede, mentre è molto più facile raccontare storie, inventarsi cose plausibili, scuse "decenti", che a quelle subito tutti credono. Che strana cosa davvero la verità, che sa, quando per due volte ho raccontato la verità a due uomini, questi poi sono scappati, chi per un motivo chi per l'altro, mentre invece a mascherare le cose, rivestirle e plasmarle di altre verità gli stessi uomini sono stati in grado di credermi e sostenerle. Ho pensato che forse è perché ci sono cose così grandi che accadono che noi non siamo mai disposti a sostenere il peso degli altri: mi riferisco per esempio alle storie della fine del mio matrimonio, alla Strega Maligna, al vuoto che J ha lasciato in me, al silenzio di Semprequello. Potrebbe mai credere che mi sono successe tante così tutte insieme, tutte nel breve spazio di tre anni? Uh sìsì, grazie, che bello, un ventaglio? Mi piace molto, adoro i ventagli, mi ricordo di quando la Zarina aveva una cliente che collezionava ventagli e lei ne aveva trovati da qualche parte una intera collezione, ed erano di carta spessa, dipinti a tempera, con le testine delle dame in avorio incollate sulla carta, e le stecche di avorio intarsiato che mostravano la parte grossa e lucida di se' alla base , mentre la metà più sottile era in realtà quella che serviva di più, e sottile come era veniva incollata tra i fogli spessi che a forza di aprirsi e chiudersi in molti punti erano consunti e mostravano il forte nerbo di avorio piatto che occhieggiava. Erano belli quei ventagli, che quando la Zarina non mi vedeva io andavo sul tavolo dove c'era il panno verde e i ventagli erano aperti lì, azzurri, e verdi, dipinti con scene di dame settecentesche sedute su gonne vaporose, sdraiate sui prati, o sedute sulle barchette, e il più prezioso di tutti era un ventaglio con i musici che suonavano gli strumenti, - Non toccare!- e io di nascosto invece li toccavo eccome, li prendevo in mano, li aprivo e li chiudevo, e mi specchiavo nei vetri delle stampe antiche di cui era tappezzata la casa, e in quel momento diventavo anche io una dama del '700, con gonne vaporose che impicciavano il camminare ma frusciavano setose, mentre stuoli di servitori obbedivano ai miei ordini, e bastava un gesto di ventaglio per spedirli di qua e di là e chissà che fine hanno fatto quei ventagli, imprigionati in pesanti cornici a forma di ventaglio appunto, che io soffrivo per loro e la loro forzata immobilità: che io odio essere bloccata nei movimenti. E così pensavo oggi di me e di loro, e forse in realtà non è vero per niente che io parlo e parlo, forse piuttosto è vero che io scrivo e scrivo, e sciolgo la realtà nelle mie parole.

Ma per esempio, mi dica di lei, mi racconti che fa nella vita, mi dica, è tanto ormai che io vengo qui, la vedo così bella lei, mi dica, ha figli? ah sì? Tre? Ma che scherza? Tre figli? Lei così magra mi dica mi dica:

- e poi la sera successiva non ero uscita con le mie amiche, che ero un po' scombussolata e anche emozionata. Quel bacio che lui mi aveva rubato proprio sotto il portico di casa mi aveva colpito. Ma l'ultima sera dell'estate uscii, poiché le mie amiche avevano organizzato una festa; la zia mi aveva dato il suo permesso e io avevo indossato un abito color pervinca, un po' osè come colore in effetti, ma quando ero stata nel Negozio, la commessa aveva convinto mia zia che era un abito imperdibile, e così zia me lo aveva comprato. Aveva una grande cintura in vita e un leggero scollo a V bordato di raso. Ero una ragazza alla moda ma ero molto timida. Quando arrivai alla festa lui mi vide e mi fissò per parecchie ore, cercando di avvicinarsi a me; ma inevitabilmente io mi allontanavo, perché mi hanno insegnato che bisogna farsi un po' desiderare dagli uomini. Infine lui riuscì ad affrontarmi, prese coraggio e mi portò poco lontano dal gruppo delle mie amiche. Io ero titubante ma vi andai lo stesso: sapevo che era impossibile che mi baciasse davanti a tutti.

Infatti lui mise una mano in tasca, e mentre mi chiedeva perdono per quel bacio di troppo e per quella sua incontrollata foga con cui mi aveva palpeggiato un po' dappertutto, prese dalla tasca un panno morbido che pareva di seta, lo mise sul palmo aperto della sua mano destra e con grande lentezza ne svolse i lembi, che caddero ai lati della mano. Lì nel mezzo del panno chiaro luccicavano tre pietre preziose, una grande come un chicco di mais, ed era uno smeraldo, le altre due erano come chicchi di riso, uno rosso e uno bianco. La mano tremava un poco per l'emozione e faceva oscillare le pietre che riflettevano luci intense mentre la notte ci aveva ormai avvolto. -Ti amo- mi disse, - prendi queste pietre preziose, sono tue, vengono da una miniera africana, voglio che siano tue, ti faranno comodo, io ti amo, perdonami, ti amo.- Io lo guardai negli occhi e sebbene fosse buio capii che lui mi aveva cambiato la vita, che a volte un bacio può trasformarsi in amore e a volte in nulla, e dissi che non volevo le sue pietre preziose, che già per me lui aveva fatto molto, e poiché lui insisteva e conoscevo la sua irruenza quando le cose non andavano come aveva previsto lui, rimasi un po' titubante sul da farsi, guardando il cielo dell'ultima sera dell'estate, e rimasi un po' lì, con il mio abito pervinca.

Uhhh signora mia, ma che storia bellissima, mi dica mi dica, che successe poi? lei che fece poi? Ah, ma lei sorride, si copre il volto con le mani eh....uhhhh, ma quell'anello...mi dica mi dica, mi faccia vedere... ah, ho capito! Lei lo baciò, gli gettò le mani al collo e lo baciò a lungo, sulle labbra, sul collo, sul lobo dell'orecchio, sìsì, e poi lui, che era giovane ma non stupido, capì che non si regalano delle pietre così e le fece montare e lei così si sposò con lui e questo è l'anello che lui le fece fare. Ah, che bella storia, la ringrazio, avevo davvero bisogno di sentire un lieto fine. Mi piace, che bello, che sa, io mi guardo un po' intorno e vedo solo storie un po' così, complicate dal fatto che sono tutti timorosi, tutti attenti a non perdere invece che intenti a guadagnare. Avranno pure ragione loro, ma a me non importa: che tanto io non ho nulla da perdere, quindi posso solo guadagnare (ma in tutta verità, se mi può credere dopo tanto parlare di verità, non credo si possa più rimpiazzare il vuoto, forse con un surrogato che però io non voglio, pertanto sto così, senza nemmeno cercare di guadagnare nulla) Lei mi ha fatto stare sulle spine... che per un momento ho creduto che gli avesse detto di no... ah signora mia, questo ventaglio rinfresca veramente, tanto quanto le sue parole. Io qui sto proprio bene. Domani se vuole, ritorno. Tanto non vado al Lavoro Benedetto domani e nemmeno venerdì . Ah che bella storia, mi ha fatto proprio star bene.

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