il mio compleanno
La faccenda del mio compleanno fu questione spinosa già dal suo primo giorno.
Racconta mia madre che quell'anno la città era ghiacciata, la neve era moltissima, l'aria tagliente, il medico un incompetente, io una che spingeva forte senza alcun rispetto, i lettini della clinica appena verniciati di verde. Si narra che io sia nata con gli occhi sbarrati dopo che per lo sforzo a mia madre si erano rotti tutti i capillari del viso, mentre invece alle altre madri (che inevitabilmente hanno avuto altre figlie e non me), questo non era successo.
Si dice che nacqui con questi occhi aperti, senza piangere, già un po' stronza, ecco, che non è mai stato detto ma era nell'aria da un pezzo: sono nata già un po' stronza e per i fatti miei. Non è proprio chiaro a che ora io sia nata, "mah, di sera...", " a cosa ti serve saperlo", "non so non ricordo", "l'ascendente è una cretinata" " di sera! di sera!!!! Era buio sei nata di sera!" e con questo la faccenda è stata chiusa.
Si dice che mio padre mi abbia visto da dietro un vetro, si sia commosso e sia uscito subito per festeggiare, un po' in difficoltà nel guardarmi diritto negli occhi. Si dice che mia nonna mi abbia guardato profetizzando per me un'intelligenza brillante, una perspicacia rara, una forza indomita che riconobbe come sugello che le donne primogenite di famiglia si tramandavano una dopo l'altra sin da sempre.
La notte dopo la mia nascita già avevo creato caos: mio padre e sua suocera, dopo avermi salutato, erano usciti a festeggiare il Capodanno ( e si dice anche la mia nascita) lasciando mia madre da sola in ospedale a macinare rabbia. Se fossi nata solo un paio di giorni dopo ciò non sarebbe successo. La rabbia in mia madre crebbe ulteriormente quando scoprì che mio padre aveva disatteso le indicazioni e, intimorito dal dipendente comunale che lo aveva guardato dal basso in su con aria interrogativa e scandalizzata, avesse optato per un altro nome mettendo Angelica come secondo, e pure con la virgola.
Così, complice anche la vernice fresca dei lettini su cui aveva partorito, a mia madre venne una setticemia che la portò in fin di vita per giorni. Poiché mio padre si divideva tra l'ospedale e l'ufficio, io fui affidata a mia nonna che con me giocò per tutti i miei primi due mesi di vita. Ricordava lei che mi faceva saltare con le gambette nude sul lavandino del bagno mentre mi teneva stretta per il busto e io ridevo a bocca piena già da allora. Raccontava che nonostante il freddo e le regole imposte dai medici, mi vestisse bene e mi portasse fuori all'aria aperta, affinché facessi mio il freddo dell'inverno, rafforzassi le mie difese immunitarie, imparassi subito le cose essenziali che mi avrebbero permesso di affrontare la vita. Raccontava che sin da subito, quel mese, io restavo a guardare il mondo parecchie ore, sveglia e attenta, pronta a protestare per la fame quando dicevo io e senza aspettare le 4 ore imposte dalla norma militar-ospedaliera di quei tempi. Vorace, mangiavo tutto il latte in polvere che mi davano, e ruttavo felice sulla spalla di chi mi teneva in braccio.
Poi sono cresciuta, ma la data del 30 dicembre è sempre stata critica per i festeggiamenti.
Mia madre cercò di rimediare a questo pasticcio dell'essere nata il 30 dicembre, organizzandomi feste di compleanno piene di amici, cacce al tesoro, torte e pizze, finché non fu palese che ero troppo grande per festeggiare con la torta, i giochi e la mamma vicino: era il tempo delle festine da adolescenti.
così, incastrato tra il pranzo di Natale e i festeggiamenti lussuosi del 31 dicembre, il mio compleanno si è posto sempre più in sordina, anno dopo anno, finché a casa mia non valse la consuetudine del :- regalo per NataleEcompleanno- e del -Tanti auguri. Domani è Capodanno che fai? Ti festeggiamo DOPO-
Ma il dopo il 30 dicembre, non è mai un vero dopo: è un aver girato l'angolo, scavalcato l'ostacolo, passato il fossato. Perché non solo non è più lo stesso mese, ma non è nemmeno più lo stesso anno: si precipita nel gennaio azzurrino, livido di freddo, leggermente austero, faticoso perché riprende il lavoro, la scuola, lo studio, la quotidianità.
Più avanti, a casa mia, si ritenne opportuno fare di una consuetudine una regola, e così il mio compleanno non venne più festeggiato, che tanto eravamo già pieni di cibo, pieni di regali, pieni di vestiti, pieni di aspettative per la festa del 31.
E' così, e non mi sono mai nemmeno lamentata troppo: non si nasce il 30 dicembre, punto, che tutti sono indaffarati e stanchi.
Però stavolta mi hanno aspettato.
Con la testa un po' annebbiata dalla fatica di un anno faticoso e il silenzio assordante di un Semprequello che ha deciso di cancellarmi dalla sua vita per salvare la propria integrità di uomo solitario e autosufficiente, sono salita in treno che la mattina era luminosa e la donna seduta di fronte a me sorridente.
- Mi aspettano- ho detto io guardandola negli occhi- mi aspettano perché io oggi compio gli anni.
e avrei voluto dirle che a me di Semprequello non me ne frega più niente, che mi sono resa conto che non mi ha mai voluto, che so esattamente che non mi chiamerà né oggi né domani, ma che io sono felice perché di là mi aspettano, e fare questa dannata strada nella costruzione della mia felicità è stancante, che anche mi sono dovuta difendere dalla accuse che mia zia mi ha fatto, dalle insinuazioni sul fatto che io abbia una relazione con qualcuno (-avanti, puoi dirmelo, sai a me cosa me ne frega? Mi farebbe solo piacere sapere se tu hai una relazione con Semprequello...- Non ho nessuna relazione con Semprequello, se il Talebano non la finisce di mettere in giro ste voci io lo ammazzo, in ogni caso sono affari miei, e no, non ce l'ho una relazione con Semprequello, non ce l'ho... - che è la vera verità, se avessi avuto una relazione forse sarei andata con lui da qualche parte, forse avrebbe lui avuto piacere di portarmi a riposare, sostenere il mio capo sulla sua spalla, prepararmi il caffè la mattina, portarmi a ballare, a vedere una città, il mare, una mostra, invece no, tranne un giorno il museo di vues d'optique, dove io ero felice, lo toccavo, lo sentivo, non potevo crederci, non posso mai crederci io alle cose belle che mi succedono e avevo scritto al Maschio Alfa: - tardo, mi devo salvare la vita, arrivo dopo in ufficio- e lui aveva detto -Ok, nessun problema- e io avevo goduto del nutrire il mio spirito di cose nuove, un museo che non avevo mai visto, una collezione di oggetti creati per creare stupore in chi li usava, ah mio Dio, che fatica, che fatica camminare lontano da lui e da ciò che poteva essere, come ho potuto sbagliarmi così? )
- è il mio compleanno e Boris cucina per me. Forè arriverà a predermi alla stazione, speriamo mi riconosca, io ho il cuore piatto ma vado lo stesso, sto per finire l'anno.
Perché è così, sapete, io comincio dove gli altri finiscono: io sono nata quando gli altri fanno il giro di boa. Io comincio quando gli altri si siedono.
Mentre il treno mi portava via, lontano dalla mia città pensavo a quello che voglio e quello che non voglio, cercando di capire dove ho sbagliato prima, perché sono da sola, perché non mi vuole, come ho potuto vedere ciò che non c'è e non ascoltare ciò che è palese. E intanto mentre vado, il mio iPhone è ricettivo e arrivano gli sms e le telefonate, e le poesie persino, e mi rendo conto di aver creato una rete fitta di relazioni che mi guardano, mi vogliono bene, mi fanno domande, si accertano che io li riconosca, hanno il piacere di sentirmi e di farsi sentire: persone che mi pensano e hanno il piacere di farmelo sapere.
Non voglio dimenticarle. Le metto qua, frammenti in ordine sparso, alcuni senza nome, altri con il nickname: tra tutti spicca il silenzio, che grave si adagia per terra. Per questo le voci squillano più forti, perché è il silenzio che le fa risuonare.
- telefonata: - E domani che fai? Sei con qualcuno? Perché? Dimmi chi è che gli do io una lezione! Ma come fa a non capire niente di te?
- dai, smettila, fai il bravo...
- Me la dai? lo sai che ti amo! Se non la dai a lui, la dai a me?
- AHahahahah, smettilaaaa scimunito!!!!
- Eh, ti voglio bene anche se non me la dai (più)
- Meno male...
- sms: tanti auguri di buon compleanno!!! e mille di questi giorni. Amedeo (che Amedeo sono mesi, ma mesi che non lo vedo e non lo sento, che forse era maggio quando siamo stati insieme davanti a una tazza di caffè? E mi ha mandato un sms pieno di emoticons, che io non li avevo mai visti, e questo mi manda in solluchero...Ah Amedeo...)
- email :- Sì (intelligenti pauca, e tanto abbiamo parlato e un sì mi basta, mi riempie, lei lo sa, io so che lei non riesce in questi giorni a dire di più, lei sa che a me basterà).
- sms : - ma ma ma...devo scoprirlo su Fb che è il tuo compleanno? ti avrei attesa anche alle 5!!! AUGURI
- sms : - auguri di buon 35 esimo compleanno!
- sms: - tanti tanti auguri a te instancabile e inguaribile ondata vivente di positività :) :) un grande bacio! (da Gambelunghe)
- telefonata: - eccomi qua, sono le 5 ma ti ho chiamato per farti gli auguri.
- uhh, mamma mia, come hai fatto a ricordarti?
- e volevo dirti di non fare troppi danni là dove sei, che abbiamo bisogno che torni intera!
- e perché, li puoi fare solo tu i danni in giro per il mondo?
- eheheh
- grazie di tutto.
e-mail: Auguri! ( Marco F.F.: che voglio dire, è un artista a livello internazionale, vive del suo lavoro d'artista, e scambia con me impressioni e commenti e si ricorda di me che nemmeno mi conosce? voglio dire, ha 2126 contatti su Fb...mica 100 come me)
e Sara, Stefania, Manuela (Manuela????), Lorella, Sara S, e tutti gli altri.
e poi, naturalmente, anche loro:
da Federica
Lieve lieve s'aggroviglia,
rotola e s'impiglia
accelera, inchioda e si rigira
meglio adesso che più tardi.
Pulsa sbatte s'intromette
invadente ci riflette
sul suo essere importante
condensato come un uovo
tra Natale e l'anno nuovo.
E tra mille cicalecci, luci,
mandorle ed abbracci
si rimpossessa del suo ruolo
che è uno, ed uno solo.
Così in questo giorno lieto assai
spalanca la sua porta
spara alto una bombarda
dai mille rivoli dorati
e urla senza più ritegno:
buon compleanno alla spavalda,
la Cristina del mio regno
che la mela avvelenata
s'è mangiata in un boccone
e, alla faccia del briccone,
è qui che se la gode
con le compagne di merende
Rosa Patti e poche altre
cattive come lei, ben più di quella mela.
Orsù dunque, svolazziamo
tenendoci per mano
e quando verrà sera pensiamo
ad un foglietto candido e paziente
che, per noi, tra le inferriate
sta preparando la riscossa.
Speriam si dia una mossa
per la felicità.
da Ro: Filastrocca di compleanno:
non è mese di fiori quello in cui sei nata
non di rose e viole ma odor di cioccolata
che viene dai torroni che arriva dai dolciumi
siamo nel mese in cui il vino scorre a fiumi
...siamo nei giorni in cui lenticchie e frutta secca
regnano su ogni tavola c'al mondo s'apparecchia
il freddo si fa intenso la neve viene giù
e ogni calendario di fogli non ne ha più
è il mese più difficile quello in cui sei arrivata
che a chiudere bilanci la gente è preoccupata
ma io invece ti dico che questo è giorno bello
ch'è prima di capodanno e dopo il Bambinello
che forse è senza doni e forse senza fiori
ma tu hai tutti noi e tutti i nostri auguri
ecco: credo che ripartirò da qui (sapendo esattamente che farò qualche saltello indietro, lo so). Dagli auguri e dalle filastrocche, dalle parole che hanno sempre un significato e non sono mai dette a caso.
Partirò anche dal silenzio. Chissà, magari finisce.
Commenti
Posta un commento