La routine di Superkoars: inizio mattina Febbraio 2012.
Stamattina mi sono svegliata e ho realizzato che era lunedì, che non era sabato né domenica, quindi mi dovevo alzare. Ho evitato di pensare al freddo che faceva fuori dal letto e per questo motivo ho avuto un brivido mentre mi alzavo, che fuori fa un freddo cane da settimane. Ho dato un'occhiata dalla finestra e ho visto i tetti del quartiere blu, anche il rosso delle tegole ha assunto un colore livido, quasi violaceo.
Sono passata in cucina e poi ho svegliato Figlio e Figlia. Alle 7 e 40 mi sono piazzata in camera di Figlio a minacciare rappresaglie se non si alzava immediatamente.
- e sbrigati e dai e prendi il caffè, goccioli il latte, è tardi i calzini lo zaino il berretto la merenda il libretto la sciarpa lo zaino le scarpe da ginnastica sì ciao la merenda ciao, le chiavi la sciarpa hai rovesciato il latte sì ciao buona giornata, ricordati le chiavi, è tardi, sì ci vediamo a pranzo ciaociaociaociao andate ciao!
Il cane mi fa la posta mentre io seduta al tavolo faccio colazione e gira intorno a me scodinzolando. Gli do un pezzetto di biscotto mentre io mi imburro con cura la fetta biscottata e poi faccio gocciolare il miele di castagno disegnando arabeschi scuri. Ho sognato il Carro stanotte, che mi chiedeva di saldare il conto versandogli 20mila euro dei 30 mila che gli dovevo. Era scuro, rigido, per nulla friendly, non come nella foto di Facebook dove ti guarda e accenna a un sorriso rassicurante. Meno male che l'Eletta mi ha detto che eventualmente mi difende lei, meno male. Ma questa cosa mi turba.
Prendo un savoiardo, lo spezzo e lo dò al cagnetto: lui lo prende delicatamente in bocca e se lo porta nella cuccia.
Prendo un savoiardo, lo spezzo e lo dò al cagnetto: lui lo prende delicatamente in bocca e se lo porta nella cuccia.
Magari è solo un sogno e non succede niente. Alzo lo schermo del computer, attendo qualche secondo che prenda la linea e scorro la pagina Facebook. Qualcuno mi ha scritto stanotte, tentando di chattare con me, ma io ero a letto a dormire. Leggo il messaggio, poi i post, un paio di commenti li trovo ogni mattina sulle cose che io ho scritto il giorno prima. L'icona di Skype lampeggia, io scorro velocemente da una finestra all'altra e saluto l'Eletta: due battute veloci, San Teodoro di Amasea oggi, patrono dei combattenti, mettiamo pure lui nella schiera dei santi dalla nostra parte? Mettiamolo, mettiamolo, mi dice lei e poi via, in doccia.
L'acqua non arriva calda subito, ma quando arriva scotta: miscelo e mi scaldo, che già mollare la camicia da notte è un atto di forza, ma sotto la doccia la vita prende sempre un'altra sfumatura.
Penso al blog, agli e-book, all'affiliazione, mi gaso un pochino, esco mi asciugo e mi vesto. Vestirsi è una cosa che non ho ancora studiato bene: mi mancano dei passaggi fondamentali che invece sono il pane quotidiano di tutte le altre donne. Mi manca credo un'organizzazione del tempo e degli abbinamenti -camicia/top- gonna/pantalone- calze/calzini - scarpe/stivali - gioielli/trucco - cappotto/berretto. Per non parlare delle sottigliezze che riguardano la biancheria intima, oppure la borsa, oppure il colore adatto delle unghie.
So che queste sono le categorie filosofiche su cui dovrei impegnarmi e già riconoscerle mi pare un passo in avanti: conosco anche gli abbinamenti di colore, e di abbigliamento, e di look adatto per chiunque, ma tutte le mie basi cognitive cozzano ogni mattina di fronte all'idea che quella da vestire sono io, il corpo da coprire è il mio, e i vestiti sono quelli e solo quelli che ho nell'armadio.
Questa realizzazione smonta tutto il mio entusiasmo per la vita, perché io al Lavoro Benedetto ci vado in bicicletta, l'armadio è pieno di stracci, sono in sovrappeso, le scarpe che mi piacciono non vanno bene per andare via in bici, la gonna stringe, le unghie sono orrende, il vestito è corto, e quello che mi piacerebbe non ha le scarpe giuste. Ripiego disgustata verso il solito abbigliamento low-cost low-profile, e infilo gli stivali comprati dal cinese (- saranno radioattivi- mi ha detto Figlio dopo che ha saputo che li ho pagati 12 euro ""doddici eulo solo pppe ttè, tttu tanto cala pppe me, sempe gentile, io conosci da tanto, solo ppppe tttè"" potevo lasciarli lì?).
Aspetto che Ionohostata arrivi e le dico:- Perpiacere eh... no niente, va bene così.-
Lei mi guarda stupefatta con la stessa faccia con cui qualche giorno fa l'ho aspettata e le ho detto mentre io mi mettevo il giaccone e lei stava ferma, imbottita nel suo finto piumino blu di una taglia più piccola, la cintura ben stretta in vita, i seni grossi che tiravano la parte alta del giaccone spianando le cuciture, i capelli scuri sciolti ma pettinati con cura, le guance e le orecchie rosse per il freddo della mattina (e dove, dimmi dove cazzo hai messo il cappello e la sciarpa e i guanti che io ho comprato per te??? perché non li metti? Non vedi che freddo che patisci??? - ma taccio, prudentemente taccio), mi avvolgo i due metri di sciarpona comprata da H&M che sembra fatta a mano:
- hai sentito il terremoto?
- no, io no ho sentito.
Io prendo il berretto da norvegese in vacanza e mi lego i passanti sotto il mento, ben stretti:
- beh, ti fa paura?
- no, io no ho paura.
Prendo i guanti, di lana grossa con le dita mozzate che vengono ricoperte da manopole foderate in tessuto tecnico, ne infilo prima uno e poi l'altro:
- Beh, ma sai cosa fare se viene il terremoto?
- sì, io so fare.
prendo la borsa, ci ficco dentro lo sguardo per vedere se le chiavi del garage sono dentro: siccome non le vedo mi palpo con le mani le tasche, quelle laterali, quelle interne, mi palpeggio dappertutto, poi sbuffo e tolgo un guanto e mentre ficco la mano nella borsa dico:
- ah beh bene, perché qui c'è stato il terremoto poco fa.
- sì?
Tiro fuori le chiavi, le metto in tasca, tasto l'interno della borsa per sentire se ho messo dentro il cellulare, infilo ancora il guanto ma sento un'esitazione nella sua voce, un sì che sembra un pochino vacillare. Mi fermo e imbacuccata come sono la guardo diritta negli occhi e dico:
- e cosa fai se viene il terremoto?
Cazzo, il suo pensiero sale limpido, si sente impreparata, cerca dentro di sé una risposta, vedo che la sua sicurezza galleggia, dentro il giaccone è sudata ormai, perché non se lo toglie?
- ma tu sai cosa fare se viene il terremoto? Qui siamo al quinto piano...
E finalmente vedo che ha la risposta adatta per me, è felice che ha trovato la soluzione esatta, e trionfante mi dice:
- se viene io chiudo porta a chiave. Io sempre chiudo porta. Nessuno entra.
Oddio. Allora poso la borsa e ringrazio Dio che non ci sia una cinepresa a riprenderci, in due semideficienti coperte di piumini sintetici, io con la sciarpona di lana grossa, il berretto imbottito, i guanti a manopola, gli stivali radioattivi e lei lo stesso, una di fronte all'altra nell'entrata di casa mia. C'è di che fare una scena per Camera Caffè, indubbiamente.
- Ma tu sai che cosa è un terremoto?
Ionohostata è sconfitta: sperava di aver dato la risposta esatta e si accorge che ha sbagliato. Si morde il labbro inferiore e dimessa scuote la testa lievemente.
Io ho caldo, mi sa che sudo, eccheccazzo, possibile che lei non mi possa chiedere il significato di una parola che non conosce?
allora la guardo e le dico:
- Il terremoto, BUM BUM BUM-
e mentre lo dico allargo le mani davanti al mio viso e le faccio oscillare , parallele una di fronte all'altra, a destra e a sinistra, simulando i muri che oscillano, e poi, presa dal furor sacro dell'interpretazione alzo le braccia al cielo e scuoto le mani coperte dai guanti la punta delle manopole si toglie e oscilla mentre io vibro le mani e dal cielo le faccio scendere gridando:
- ebsbang e sbadatang! crolla tutto!!! Il terremoto capito ? questo è il terremmoooootoooo!!!
E la povera Ionohostata spalanca gli occhi, capisce finalmente, fa un passo indietro davanti a me che devo essere sembrata l'abominevole donna delle nevi e dice:
- oh.., teremoto, io so cosa è, io paura.
Ecco, così era stamattina Ionohostata, quando stavo per farle una serie di raccomandazioni e invece poi ci ho rinunciato. Ho salutato e sono scesa. I pochi metri da casa al garage sono sempre quelli più freddi: poi monto sulla bici e mi torna il buon umore. Non sento il freddo ma solo l'aria che mi pulisce il cervello e ho il mio momento poetico in cui mi perdo, da qui a lì da lì a qui, mentre guardo la mia città e penso, che la testa è come se si allargasse e diventasse ampia come il cielo.
Almeno di solito succede così, quando però, un po' per il gelo, un po' per dimenticanza mia, la bicicletta con la sua pedalata assistita desiste nell'aiuto e si impianta, la lucina rossa si abbatte e diventa lampeggiante e quasi arancione, un po' triste, e la pedalata diventa dura, sembra che la bici abbia le ruote calamitate verso terra e si sciolgano lì, mentre io cerco di salire Ponte Molino pedalando come su un tir. Arrivata in via Roma la mia circolazione sanguigna è ben movimentata, il fiato diventa pesante, il collo sudato e i polpastrelli delle mani si ghiacciano. Io muovo le dita e pedalo, sacramentando contro ogni pedone che mi costringe a frenare e a rimettere in moto sto macigno di bicicletta blu. Ma alla fine stamattina sono arrivata al portone del Lavoro Benedetto, ho cercato di aprire la cerniera della borsa con le mani inguantate, ho cercato le chiavi, ho inserito la chiave lunga nel portone e ho girato. Peccato che il portone fosse chiuso da dentro.
Allora ho suonato il campanello e il Fajano Giovine da dentro il cortile mi ha urlato:
- chi è?
- oh Fajano, sono io! Il portone è chiuso...
- oh, è chiuso?
Ecco, ci sono volte in cui vorrei che le mie gambe si potessero allungare come quelle di uno dei Fantastici 4 per poter oltrepassare con la metà superiore del mio corpo il portone, avvicinare la mia faccia ghiacciata alla sua e urlargli:
- MA CHE CAZZO DI DOMANDE FAI???
Invece, anche perché passava una signora anziana lì vicino che mi ha guardato con disprezzo pensando che forse, visto come ero bardata, quella fosse l'entrata posteriore di una cucina popolare, ho detto:
- Fajanino il portone è chiuso...
E lui, dall'alto del terrazzo, così come io so che fa, con il suo berrettino di lana, l'anda scattante, il sorriso sempre pronto anceh quando sposta scatoloni, volonteroso nel darsi da fare ma sempre così sbadato, mi ha urlato:
- ah, Superkoars, il portone è chiuso!
Io ho taciuto. Ho giuardato il portone chiuso davanti a me, la serratura vecchiotta e quel bel cartello con su scritto: per qualunque necessità rivolgersi al Negozio- che trovo sempre confortante perché, voglio dire, uno può sempre trovarsi in una necessità e l'idea che io possa sempre suonare al Negozio mi conforta ogni mattina, ma stamattina no, e qualcosa mi deve essere montato dentro che il Fajano Giovine ha sentito dal mio silenzio per cui ha cominciato a gridare in fretta da dietro iI portone:
- Non c'è Tino, non c'è Anna, non c'è Marco, manca la corrente, c'è la neve, fa freddo, non ho le chiavi, Dio che freddo, parcheggia fuori due minutini, scendo dopo e ti aiuto io, che manca Tino, manca la Anna non ho le chiavi, mamma mia manca la corrente, oddio COME FACCIO???
- Non ti preoccupare ! parcheggio qui fuori!
e ho girato la mia pesantissima bicicletta blu, schivato la signora altezzosa, e mentre il Fajano giovane continuava a darmi indicazioni su come mi avrebbe aiutato dopo lui, io sono andata sotto il portico e ho parcheggiato la mia bella bicicletta blu lì, legata a un palo. Mentre la legavo il vento si è messo in orizzontale e ha cominciato a tagliare con lame affilate che partivano da lontano sotto il portico e arrivavano fino alla mia faccia mentre il collo, soffocato dalla sciarpa, era sudato. é stato lì che mi sono accorta che lo zelante proprietario del locale vicino a noi aveva messo fuori i tavoli, li aveva corredati du 4 sedie ciascuna, ci aveva fatto mettere la tovaglietta marrone, il posacenere perché non volasse via e il portatovagliolini.
Mi sono domandata se qualche pazzo c'è che veramente si siede all'ombra di un porticato alle 9 e 20 di una mattina di febbraio dell'anno 2012, con una temperatura di circa 6 gradi, sotto zero d'intende.
é lunedì mattina e sono solo le 9 e 20. Veramente se io potessi me ne tornerei a casa. Ma l'idea di rifare la strada al freddo, senza batteria per arrivare a casa e trovare Ionohostata mi fa ripensare alla mia vita: stacco la batteria della bici e mi volto per arrivare al portoncino. Da qui a lì ci sono 5 metri.
Peccato che in mezzo ci sia la Femmina Alfa 1 che si fuma una sigaretta.
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