L'equilibrio (che gli altri vorrebbero per me)- 2 di 3


Eccomi qua, mi scusi, era il cellulare, sa la Zarina, che vuole, pure lei c'è, esiste, mi telefona e io rispondo sempre che non mi piace quando io telefono e la gente non risponde, si ricorda signora mia? Quando avevo telefonato e avevo sentito il cellulare squillare mentre a grandi passi andavo avanti trascinandomi la vita, uno squillo un passo, si ricorda sì? Mi pare offensivo non rispondere, oppure non richiamare, oppure arrivare davanti a scuola e coprirsi con l'ombrello, oppure fingere che non sia successo nulla, sedersi sul diavano di fronte e sorseggiare la grappa come se niente fosse successo, mentre io ero seduta davanti a lui, incapace di muovermi e di capire, a me pare follia, non trova? In ogni caso riprendo il racconto dei documenti di Figlia e sorvolo sulle telefonate cn il Talebano (- ma perché ti serve la mia carta d'identità? e come faccio? dove la faxo? Perchè? Per come? Per quando? ma sei sicura? - ), raccolgo per bene tutte le carte in una cartellina blu con il bottone di chiusura, la ficco nell'armadio assieme ai biglietti dello spettacolo di Figlia, alle carte da portare al commericalista, alla busta paga ancora chiusa nella busta, alla richiesta medica di analisi che non farò. Comunque mi fido di ciò che mi ha detto la signorina al bancone nella sezione distaccata del comune, protetta da un vetro spesso, lei con l'aria condizionata noi no, e la guardo pure lei ben vestita, con i braccialetti con i charms che tintinnano man mano che lei fa timbri, è sovrappeso pure lei ma non deve avere nessuna allergia ai gioielli lei, che ne è piena, eppure non stonano, sono catene leggere di pietre finte ben abbinate tra loro, coordinate con il golfetto, le unghie scintillanti di un bianco che mi urta e sicuramente le hogan ai piedi, ci scommetterei. SOttomessa a tanta presenza le credo, parto con le mie fotocopie e torno a casa con Figlia alquanto seccata perché non ha fatto il servizio fotografico alla macchinetta e io sono comunque al telefono con gli inglesi.

Poi passano i giorni che al Lavoro Benedetto sono zeppi di cose che si intoppano: Superman non mi consegna la merce che gli avevo chiesto, è smepre in ritardo, mi chiede in continuazione cosa gli avevo chiesto di preparare rovesciando su di me ciò che dovrebbe essere suo. La Femmina Alfa 1 arriva e si rinchiude nel suo regno, combatte con banche e funzionari imbecilli, concentra in poche ore il lavoro di parecchie, striscia, salta, cade e scivola, dimentica e aggiusta, rincorre se stessa e semina panico pvunque mentre fa tre cose insieme e sembra sempre che sia colpa degli altri se è così. Devo dire signora mia che io mi tengo ben lontana, mi sono fatta uno scudo protettivo fatto da anni di vita, che i figli li ho avuti pure io, le notti insonni le ho patite pure io, e la tolleranza mi ha reso finora le cose più facili ma l'altro giorno mentre sbatteva cassetti e carte e brotolava contro il mondo, contro il Maschio ALfa, contro le banche, contro il marito, contro la truppa, contro il caldo, io ho avuto pena per la fatica che comunque le Femmine Alfa fanno in genere, mi sono alzata e mi sono avvicinata allo stipite della porta e le ho detto:

- ma potrei aiutarti se vuoi- e lei -no, non è quello, è che il Maschio Alfa, la truppa di là, la banca di qua, gl indiani, gli slavi, le pappe, la notte, la babysitter- io non ho trattenuto il pensiero che veloce veloce si è inserito in modalità automatica. Che le Femmine Alfa per un verso mi fanno pena, ma per un altro mi scocciano pure quando tendendo alla perfezione semrpe e comunque danno la colpa al mondo se non la raggiungono da sole, che farsi aiutare in maniera spontanea no, mai, che solo loro lavorano e allevano figli e gestiscono mariti e case, ma se chiedi loro di dare una mano ti dicono no, e però ogni volta che ha potuto lei non ha mai risparmiato battute salaci cercando di mettermi in difficoltà, che tanto io sono quella che non raccoglie mai le provocazioni e quindi, e quindi signora mia, mi danno per scontata. Eh no, a volte il pensiero si intrufola diretto nelle parole senza alcun filtro e mentre lei era in difficoltà io, lenta e appoggiata allo stipite della porta per evidenziare ancora di più il suo frullare intorno, le ho detto:- sai, c'è un motivo per cui è stato stabilito che la maternità dura un anno - e lei si è fermata, china come era a cercare delle pratiche che non sapeva più dove aveva messo, e mi ha guardato e ha cercato di valutare quanto di me era un attacco e quanto dovuto a stupidità, che per le Femmine Alfa le altre donne si dividono in due categorie: le carogne che cercano di fotterti e le stupide. Credo abbia optato per il fatto che sono una stupida, ma non ne sono molto sicura.

I giorni si snocciolano così, che sa, sono tornata da una giornata di lavoro fuori padova e non ho trovato più la mia bicicletta, che uno dice- eh vabeh, si sa, è una bici- e non tiene in conto che quella non è una bici che affianca uno scooter e una automobile, ma è il mio unico mezzo di trasporto. Ma io non mi oppongo, ingoio il vuoto lasciato sulla rastrelliera e torno a casa con una scusa plausibile per fare capire a Figlio e Figlia che succede, che la vita è anche questo, che non è che uno deve mandare in vacca il mondo tutto o sentirsi troppo male. Sì, ci si sta male, ma vogliamo dirlo che era vecchia? che era mezza rotta? che la sella andava cambiata? che la batteria si scaricava sempre? Figlio e Figlia hanno fatto muro contro il mondo, mi hanno dato ragione e abbiamo deciso di andare a mangiare la pizza tutti quanti noi 3. Ho comprato una nuova bicicletta, e le racconterò, ma mi è arrivata incartata, ha mai pensato lei che si poteva incartare una biciletta? Bene, la mia lo era, e le racconterò di come quando ho preso la bici, ho fatto il minimo per metterla in piedi e l'ho portata dal meccanico. E poi ho preso Figlia e sono tornata in Comune, sezione staccata, ho fatto le foto, ho dato le fotocopie, ho fatto le firme, ho pagato con tutti gli spicci che avevo e mi sono fatta confortare dal fatto che - lei va in questura e in un'attimo le fanno la carta per mandare Figlia all'estero con la Zarina. Ma, attenta, ci deve portare anche il Talebano", che lì per lì mi è venuto da ridere, mi pareva di essere nelle favole delle fate cattive, quando la fata buona ti dice:- sarai salva se attraverserai il mare con la tua barca- e uno lì pensa, beh dai, è fatta, che ci vuole attraversare il mare, si fa, ma ecco che quella ti rintuzza aggiungendo cose del tipo

- ma stai attenta, la barca non deve avere la chiglia, la barca non deve toccare l'acqua, un drago enorme e cattivo ti divorerà- e tu resti diciamolo pure, parecchio di merda (eh lo so, lo so, mi è scappata, nella foga del racconto....).

Portare il Talebano in questura è stata un'impresa simile a quella di poertarlo davanti a un giudice, che lui ha sempre moltissimo da fare, lezioni, video conference... lezioni, video conference.... ehm, lezioni e video conference (-ma scusa tu che fai invece? i ragazzi mi hano detto che sei andata fuori città, ma che ci vai a fare? ah, con il Maschio Alfa, ah, uhh, non ti si può parlare, non capisco perché ti incazzi con me, non puoi andare tu a fare la carta d'identità, parlare con gli insegnanti, andare dalla pediatra, correre in farmacia, svuotare la tua soffitta della roba che non ti serve senza buttare la mia, hai comprato una bicicletta nuova??? I soldi, mi hai fatto la lista ho visto, ma io ho comprato delle scarpe a Figlia un mese fa, le metto nella lista? Sei veramente nevrotica, io non sono mica incattivito, sto solo cercando di capire, tu dici cose che io non ho detto, ok ok, vengo in questura e pago metà dei conti, ok ok, ma alle 9 no, non posso, io posso alle 11.00).

Alle 11.00 signora mia mi sono fatta trovare davanti alla questura, e ho visto con orrore che il mercoledì mattina è chiusa, la questura è dannatamente chiusa, e io chiamo il Talebano e lui ovviamente non risponde, così lascio che lui arrivi e trovi pure lui la questura chiusa, che il mercoledì chiude alle 11.00, lui mi guarda con aria seccata e mi dice:- ma non hai guardato l'orario in internet?

io sganciavo il lucchetto dalla bici nuova, con la mano destra blu per la caduta che avevo fatto il giorno prima sotto la pioggia battente, e senza nemmeno guardarlo ho detto:

- no, ero convinta che lo avessi guardato tu l'orario, quando mi hai detto che ti andava bene alle 11.00 ero convinta che lo avessi detto perchè sapevi che la questura era aperta. Io ho fatto quello che mi hai detto tu.

E il cartello con un enorme vaffanculo si è illuminato davanti ai miei occhi incorniciandogli il viso grigio era mercoledì, avevo solo due giorni per poter ottenere il permesso dalla questura, e mentre lui andava metà in panico e metà nell'incazzatura, io ho pedalato verso il mio Lavoro Benedetto, certa che se la mattina dopo il funzionario non mi avesse fatto il timbro con il permesso, io avrei fatto una piazzata proprio lì davanti a tutti, a costo di farmi arrestare.


Un giorno litigammo, io e lui. Eravamo a casa sua, dove io ero andata già altre volte. Lui voleva fare l'amore con me, io non ero pronta, quel giorno si arrabbiò e così cominciammo a litigare. Per la verità lui litigava e urlava parole terribili contro di me, e poichè avevo messo la mano sulla maniglia della porta di casa per andarmene, lui aveva chiuso la porta a chiave e aveva messo la chiave nella tasca dei pantaloni. Fu allora che io mi sedetti sul divano: cercai di fermare la sua rabbia lasciandola sfogare. Io ero quieta, ascoltavo le sue parole mentre lui camminava a grandi passi nella stanza davanti a me. Poi lui si avvicinò alle bottiglie di liquore, ne prese un paio e mi offrì da bere. Io non avevo sete ma dovetti bere per forza. Il liquore mi infiammò la testa, ma io misi le mani in grembo, nella posizione che mi è più naturale possibile, e aspettai. Infatti lui smise di parlare, si rese conto che la gelosia lo corrodeva, poi spossato si sedette davanti a me e tacque. Nel silenzio della casa potei sentire la doccia che ancora gocciolava. Infine lui mi disse:- Sono disperato per la rabbia incontrollata, per le parole che ti ho detto. -

Io continuai a tacere dal momento che non avevo parole e il mio pensiero andava a mia zia che mi stava aspettando. La sera si stava inoltrando lei si sarebbe senz'altro preoccupata e avrebbe cominciato a cercarmi presso le mamme delle mie amiche. Loro le avrebbero detto che non mi avevano visto in tutto il pomeriggio. Io dovevo assolutamente andare a casa dalla zia. per questo non avevo altre parole. lui ruppe i miei pensieri dicendo:- e adesso? che si fa?

e io gli risposi:- Io vado a casa?

La doccia gocciolava grani di acqua pesanti che cadevano con rumore metallico. Lui si alzò, prese le chiavi dalla tasca dei pantaloni, aprì la porta e mi lasciò andare. Passò il resto della sua vita cercando di cancellare quel pomeriggio.



Uh grazie, grazie mille, mi piace quando lei mi racconta della sua vita. Mi dispiace per quello che le è successo, ma sa, una litigata tra fidanzati è sempre salutare, specialemnte all'inizio di un rapporto, quando le persone sono giovani e devono trovare un equilibrio. Ecco appunto, un equilibrio, come quello che Gino dice io dovrei trovare. Ma mi dica lei, signora mia, come si fa?



continua...



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