Un flusso di attività incessante



 Ci sono sa, ci sono, non sono scappata via: aspetti che mi siedo un attimo, mi sventaglio con un foglio, appoggio la borsa qui, la trovo bene, lei sempre uguale, io no, io invecchio e il mio corpo cede. Non sono mai stata così tanto malata in modi diversi come quest’inverno. Raffreddori, coliche renali, torcicollo, amenorrea, mal di denti, e via così. Sì grazie, bevo dell’acqua volentieri. Sono due mesi ormai che ho smesso di andare in bicicletta. Improvvisamente, passato il grande freddo inverno del 2011-2012, non ho avuto più le forze e ho temuto di farmi male con la bicicletta. Per questo ho preso il tram, carnet da 10 euro  uguale 9 biglietti, l’abbonamento no perchè tanto penso che prima o poi la bici la riprendo, mi vede senza la mia bicicletta signora mia? No eh? Eppure mi piace il tram, metto le mie cuffie ed entro (uhh, è vero, non glielo ho detto, l’ipod è rinato, miracolosamente vivo dopo un anno di quiescenza, si figuri che è stato inizializzato nell’aprile 2005 ed ora va lui, va ogni volta che gli dico di partire), quindi prendo il tram e vado. Andare però diventa sempre più difficile, non andare impossibile, quindi io ho smesso di preoccuparmi e ho posticipato qualunque decisione. Che bell’abito che ha lei, varie tonalità di grigio, e i suoi capelli, setosi, lunghi e disciplinati, chissà quante cure eh?

Io non me ne parli, ma ho cominciato a fare il cambio degli armadi, e mi ci vorrebbe davvero una terapia di coppia qui, che ho la mia voce di sottofondo che mi guarda disprezzandomi, e fa di no con la testa, quindi faccio mucchi su mucchi di roba che non mi va bene. Così sa, ho liberato tutto l’armadio e dato via buona parte delle mie stracce invernali, il resto l’ho piegato e messo nell’armadio bianco. Poi ho guardato il mio armadio vuoto e mi ha preso una gioiosa sensazione, che bello, mi sono detta, è tutto vuoto, ci posso mettere quello che voglio, vediamo che cosa ho.

Ho preso le cose primaverili e quelle estive, e ho cominciato a provarmele. Che disastro, signora mia, che disastro. L’altra me mi ha guardato sempre più seccata, scuotendo il capo davanti allo specchio, ragionando su come quella maglia mi segni la pancia, quell’altra il sedere, quella scopre i seni, quella le braccia, questa è una cosa che forse potrebbe andare bene per Figlia, ma come fai a metterti una cosa così, i pantaloni stringono, le cosce gonfiano, guarda che capelli che hai, visto le rughe sulle mani, ma dove pensi di andare? Non riuscirai mai a metterti nemmeno un vestito, ma stai a casa!!! (le rughe sulle mani? Non me ne ero mai accorta accidenti!)
Credo che l’altra me sia veramente odiosa con me, fatto sta che il tutto si riduce a un grande – vaffanculo- per cui mollo tutto e me ne vengo di qua, nel suo salottino. O meglio, davanti al computer, che mi rendo conto di averla trascurata qui.

Un motivo c’è, anzi parecchi.

Da un lato sono aumentati gli accessi al blog e questo, se da un lato è magari confortante, dall’altro mi fa anche salire nel rank di Google, per cui è sempre più facile trovarmi volendomi cercare (però appunto, bisogna volerlo, e chi mai può volerlo tra tutti quelli che mi conoscono?). Quindi sono stata un po’ cauta nello scrivere di Femmine Alfa che impazzano nei corridoi e di Femmine Alfa che sdegnate non salutano e sdegnano i corridoi.

Inoltre Soldato Jane è rimasto a casa lunedì scorso. La sua enorme scrivania sempre piena di carte ordinate è vuota. Mi dà un senso di irreversibilità delle cose, come se finora avessimo scherzato e adesso invece le cose si facessero veramente serie.
Base Luna arriva tutte le mattine, ed è come un gocciolare lento di cui non voglio parlare. Ci sono sguardi che dicono molto più di mille parole, e le mani in tasca, le spalle trattenute, il sorriso appena accennato fanno male, chissà se lei se ne accorge. Non è facile mollare la sicurezza e le cose che si sanno fare. Lo so bene.

In tutto questo ci sono pure io, che cammino come su enormi palle di ovatta con delle gambe giganti: mi pare a volte di avere queste lunghissime gambe che si muovono lente e un po’ sgraziate in cerca di un appoggio in avanti, ne poso una, incerta, l’ovatta cede ma lentamente, poi si trova un po’ di sostegno e io posso spostare il corpo sulla gamba ferma, lentamente dondolare su una gamba sola mentre con lentezza e goffaggine muovo l’altra, un po’ più avanti, in cerca di un altro sostegno. A volte l’ovatta cede perchè sotto non c’è nulla e io precipito nel buco per qualche metro. Poi trovo un appiglio e recupero l’equilibrio.
Fino a quando non so.

Perchè la cosa eccezionale  è che vivo senza troppe paure (preoccupazioni sì, qualcuna, ma paure no).

Mi dedico ormai da 3 settimane al mio libro e alla sua pubblicazione. Ora, lei mi dirà, che sono tutti bravi a parlare, ma io le dico che in queste settimane mi sto facendo un bagaglio culturale veramente interessante sui social network, gli ebook, il mercato estero, la gestione dei profili Facebook, l’e-marketing, il SEO, il DIY e via così.

Ho costruito un profilo Facebook con oltre 280 contatti. Ho aperto account su Pinterest, Tumblr, Twitter, e altri due social network (no Linkedin no, mi sta sulle palle, tutta gente che se la tira perché legge il Sole24Ore, tutti titolari di aziende che poi scopri essere niente, insomma, per farla breve, Linkedin non mi piace). Ho aperto un blog su Wordpress, anzi due, in due lingue diverse. Ho un account gmail, uno su Goodreads dove piano piano recensisco tutti i libri che ho letto prendendoli dalla libreria a gruppi di 4 o 5 e ho un nome nuovo. Bellissimo.

Il mio nuovo nome mi piace un sacco. L’ho scelto una notte, mentre ero in chat con Goemon: abbiamo fatto una lunga lista di nomi, ma lunga, avrei dovuto tenerla. Ma la parte più interessante è stato abbinarci un cognome. Mica facile sa, dopo tanti anni di un nome e cognome così e così e di un nickname come Superkoars, cercarsi qualcosa che calzi a pennello e farlo con consapevolezza. Un cognome che ti scegli, ci ha mai pensato lei?  Eh. Eppoi ci abbiamo messo pure un Middle name, così, tanto per fare le esagerate. Le tre parole risuonano così bene insieme che sembrano lì da sempre. Poi, visto che tanto ormai c’ero, mi sono cercata una data di nascita nuova, che fosse opposta alla mia. E così adesso la gente mi chiama con il mio Nickname. Bello. Mi piace. Sono sicura che riceverò un mucchio di auguri per il mio compleanno, che tra l’altro non scade nemmeno tra molto tempo. Sarà bellissimo avere un compleanno tutto mio non schiacciato dalle feste.

E poi mi sono cercata un luogo di nascita: con il Porto ho passato una domenica mattina a costruire la mia vita in chat, da quando sono nata (in un posto esotico e meraviglioso) a quando ho compiuto i 18 anni. Oltre non ci sono voluta andare, c’è come una cesura su cui devo lavorare. La mia vita adulta deve prendere ancora una forma adeguata a partire dai 18 anni ( o forse 17, chissà). Resta il fatto che conosco benissimo la storia di mia madre e di mio padre, e quella della mia fantastica nonna artista. Ho vissuto a Padova, ma i miei genitori hanno avuto una storia che ha a che fare con l’avventura e gli anni ’70. Due matti insomma. E io ero una bambina bellissima e felice.

Costruirsi una vita così è una cosa magica: ho una personalità interessante, un nome che mi piace, un giorno del mio compleanno pieno di sole e di buoni auspici, non ho le complicazioni dovute al mio corpo fisico, faccio credere che ho uno staff che lavora per me, tutti sanno che il mio è un nickname, e a tutti va bene così.

Ecco perché, signora mia, non mi trova più così spesso qui: seguo il flusso delle cose che mi piacciono e che mi fanno bene al cuore, così coinvolta dalla mia vita parallela che pure quando giorni fa ho visto La Mappa delle Stelle  ho pensato che me la voglio vivere la mia vita, come quando ero ragazza e tutto era luminoso e facile, e io non cercavo un uomo per la vita, ma cercavo di divertirmi e di stare bene con me stessa, senza tanti pensieri di futuro che non fossero allegri e pieni di vita. E’ successo poi che La Mappa delle Stelle mi ha sfiorato la mano ( o meglio, forse ha proprio posato la sua mano sulla mia, in maniera quasi casuale ma l’ha posata lì) e io ho sentito come un bruciore al torso della mano sinistra, e l’ho ritratta immediatamente in maniera istintiva, tanto che me ne sono persino vergognata e ho desiderato con tutto il mio essere che lui non si accorgesse che io l’avessi ritratta, eppure scottava tanto che l’ho pure guardata la mia mano, per vedere cosa era quella sensazione di energia luminosa che pareva un bruciore che non ustiona. E così, pur senza guardarlo negli occhi e attenta ad osservare la mia mano che bruciava, ho pensato che la vita è fatta anche di queste cose, emozioni da niente che non necessariamente devono significare qualcosa, ma valgono per quello che sono, l’adesso e basta, l’attimo divino e la mia mano che bruciava, che una cosa così non la sentivo dai tempi di J, e perchè, mi sono detta, perchè non dovrei godere di questo tocco sottile, qualunque sia la sua intenzione (e sono convinta che lui fosse completamente neutrale in questa cosa, un caso ecco, un posare la sua mano sulla mia per sbaglio in occasione del solito incontro). 
Non ho aspettative per quello che riguarda la Mappa delle Stelle, non condiziona la mia vita nè il mio pensiero, ma mi piace aver sentito la pelle scottare e sentire il mio sorriso che si allarga spontaneo quando lo vedo. Niente di più. Come godere dei raggi di sole a primavera, e del cielo terso di queste giornate di inizio maggio.


Soprattutto mi piace lavorare al libro e alla sua promozione. Mi riempie di soddisfazione vedere crescere questa struttura ramificata e tenerne le fila, partendo dal centro verso la periferia, tanto che mi sono disegnata una mappa concettuale con le frecce blu che vanno e quelle rosse che tornano, per capirne meglio i flussi e non perdere di vista il tutto. E per di più oggi mi sono anche comprata un vestito per andare alla spiaggia, guardi che bello, glielo metto qua.
Quella dentro il vestito sono io.


Ecco, signora mia, ecco la mia vita agli inizi di maggio 2012.
Un flusso di attività incessante.


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