Le idi di marzo 2012


Ci sono giorni che sembrano fermi, dove l'aria è rarefatta tanto è fredda.
In quei giorni ho pensato di essere immobile e che non sarei mai più riuscita a spostarmi dal guscio sottile che mi ero costruita intorno.


Poi, all'improvviso, arrivano notizie che sono come dolori, e dolori che sono come notizie di morte, e tutto, dico tutto, sembra perduto.

Non resta in quei momenti alcuno spazio per la ragione, per la consolazione, per il coraggio, per la speranza. La costruzione liscia e fatta con la forma perfetta di un uovo perde consistenza, si crepa e frana, e rovina a terra senza fornire più alcuna protezione, per quanto labile. Il mare porta le onde a spazzare violente tutto ciò che serviva per una buona e ragionevole navigazione.

Vorrei dire parole in questi giorni, ma non so se sarei compresa. Poi a parlare non sono brava io.

Ma è passata una settimana che ha travolto il mio mondo, questa settimana, e io ero a casa malata.
La decisione di uno ha impatto su molti, come il dolore di un calcolo a un rene sconvolge la vita: una responsabilità che è difficile sostenere. Eppure così ha fatto il mio corpo.
Un dolore violento che ha occupato ogni spazio possibile, dilagando sulla ragione, sulla paura, cancellando il futuro, imponendosi come presente , il presente, sono io , sono io! gridava, il dolore sono io, ti rovescio lo stomaco, la lingua, gli occhi, ti piego le ginocchia e il ventre, e reclini il capo sul petto per sfuggirmi, ma sono il dolore dolore dolore, il resto è niente, sono io, sono il presente, violento, sono io sono io, ci sono, sono io. Ti faccio tremare dal male, le braccia le gambe il corpo coperto di sussulti, gli occhi non vedono altro che lampi di luce, non senti altro se non suoni indistinti, sono il dolore, e non c'è più ne caldo ne freddo, sei morta, sei morta, sono violento, ci sono, io esisto, e sono tutto dentro di te, che nemmeno puoi parlare più, sono violento e ti domino tutta, ho vinto, sei una stronza e io ho vinto. Che tanto non c'è nessuno qui, nessuno, ci sono solo io, ne faccio quello che voglio io di te, stronza, io sono il dolore e di te ne faccio quello che voglio.


Silenzio.


Ah, mi piacerebbe fare sapere a chi ha preso la decisione che le conosco bene queste parole, che le ho sentite, ma che sono parole fatte di aria sporca che durano lo spazio di poco tempo e poi arriva il tempo stesso e le porta via.

Che poi il dolore è sparito, lentamente ha lasciato il mio cervello, e una mano sconosciuta si è posata sulla mia fronte, qualcuno mi ha coperto con una coperta pesante, e più di una persona ha girato intorno a me preoccuapta ma rassicurante. Adesso passa, adesso stiamo facendo delle cose e vedrà che starà meglio, il tremore è normale sa, adesso le si rilasserà la muscolatura, non si preoccupi, non è vero quello che le hanno detto, non è vero che il dolore vince, adesso facciamo cose, adesso le ridiamo un futuro, non si preoccupi, armeggiamo intorno al suo letto mentre lei riposa, c'è sempre qualcuno qui con lei, ci vede? Ci sente? Ci dica di sì con la testa, ecco vede, sta già meglio, glielo avevamo detto, non si preoccupi, la decisione di venire qui è stata una ottima decisione, non si preoccupi sappiamo che lei sta male, adesso facciamo altre cose, che l'aorta non la sentiamo ma è normale sa, è normale non sentire l'aorta, il battito de cuore rallenta, adesso lei si riposa se ha bisogno siamo qui intorno, c'è sempre qualcuno qui con lei, non è vero che il dolore vince, non  è vero che la sconfitta vince, è impossibile, la sconfitta perde per forza, è logica, mica lo diciamo noi, adesso lei ha preso la decisione giusta, si lasci guidare, andiamo avanti che le abbiamo ridato un futuro.



Sono queste le parole che mi piacerebbe saper dire a chi oggi mi guardava dolente.
La sconfitta non è mai una vera sconfitta finché abbiamo un domani.


E io penso che finché siamo vivi e restiamo insieme, avremo sempre un domani.

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