la strada - 1-
sapete donne mie, com'è lunga la notte quando la affronti dopo mesi di gelate invernali.
Sapete quanto è lunga e quanto valga ogni istante che passate con lui, in due, al buio, il mondo fuori e niente altro d'importante.
e così è stato: dopo tante parole che mi avevano vuotato la testa, dopo tante domande e tante risposte, non avevo le forze, non più.
Era rimasto solo il pensiero che, in fondo, si può sempre, c'è spazio sempre per migliorare, per crescere, per capire e per volere.
Il tempo pareva lungo, e ho voluto godermelo tutto: perciò gli ho detto: - sono felice, qui con te sono felice.
Che ero felice davvero, al caldo della macchina, la notte gelida che scendeva, la nebbia che si posava sui lampioni arancioni, e noi che sfrecciavamo veloci, senza esitazioni alcune verso casa sua.
Quante parole ci eravamo detti a pranzo, nella sala ben illuminata, sul tavolino piccolo alla francese addossato al muro, io e lui uno di fronte all'altra, la cucina casalinga con la cuoca sorridente e la bandana in testa, che quando ci vede arrivare ci sorride felice (-le piaci- mi disse lui un giorno - le piaciamo noi- risposi io dove ancora la parola noi si caricava di un significato tondo come la o centrale che la compone). Tutto intorno a noi un'aria calda e arancione, di piatti fumanti cucinati con passione, le tovaglie a quadretti come nelel antiche osterie solo che queste sono vere, cotone spesso che tenga le lavatrici, un chiacchiericcio continuo con qualche risata grassa, la stanza piena di gente che mangia volentieri perchè il cibo è buono, la spesa viene fatta direttamente in Prato della Valle, dove si compra solo roba di stagione, e le uova sono della mamma della cameriera, e i piatti sono piatti senza nomi pretenziosi (verdure ? Oggi ho preparato i finocchi al latte, la patate lesse, le carote, e un tortino di verdure,) e quello che mangi sembra davvero prerarato a casa, potrebbe averlo fatto l'Aurelia 30 anni fa, quando preparava il cibo tutte le mattine, e pelava le carote graffiandole con il coltello, e non c'era bisogno di avere il pesce che arriva dal mare del Nord o il sale grosso della camargue, e questo posto è così, e noi eravamo seduti uno di fronte all'altro e ci siamo detti le parole perchè io ho fatto le domande che ormai avevo il cuore legato con le stringhe di ferro in modo che non si potesse spezzare. e lui, sincero, aveva risposto, sfuggendo come fa sempre lui, con lo sguardo attento e mobile, e ogni tanto alzava il capo, veloce, alllungava il collo e cercava di vedere cosa c'era nei piatti che la cameriera lesta portava ai tavolini, sfrecciando tra sedia e sedia nella stanza poccolina, e io ridevo, che mi pareva un bambino, che vuole vedre e cerca di non rispondere, e io ridevo e dicevo, -eh ddai, tanto nonn mi sfuggi- e lui tornava con il capo a tavola, come uno scolaretto richiamato dalla maestra e io non volevo richiamarlo ma capivo il movimento, e avrei voluto prendere il suo capo, e come altre volte, stringerlo tra le mie mani e baciarlo, etoccare la mano e ridere della sua attenzione continuamente distratta, mentre invece sa perfettamente che io sono qui e cerca solo le risposte alle mie domande difficli.
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