Chi sono io





Ah signora mia, la invocavo io ieri, e infatti ora eccomi qua, con una cosa da raccontarle che altro non saprei dire. Mi ascolti.

Io ero al cinema in coda e pensavo pensavo che penso sempre troppo io, mentre guardavo le signore impellicciate davanti a me, la pelle rugosa, il rossetto rosso sulle labbra strette, le banconote da 50 euro, il numero dei posti che andava scemando, e io in coda, con il mio cappotto nero e il berretto bianco, a pensare e pensare e pensare finchè finalmente mi sono accorta che lo sguardo era fisso, posato sopra di me come un masso, uno sguardo pieno di pensieri adesso che molti nodi si sono sciolti, e ho sentito e mi sono distolta dai miei pensieri e ho girato la testa subito verso destra e J era lì che mi fissava, e come ci siamo incrociati ha distolto lo sguardo e poi mi ha riguardato ridendo, ciao! Oh ciao! Ma ora toccava a me, che figura di merda, ho pensato, ho l’allergia e gli occhi gonfi, vero è che mi sono truccata un momento prima di uscire che alla fine qualcosa lo imparo, e mi sono avvicinata al bancone, QUANTI? Ha tuonato la commessa e uno ho detto io quasi sottovoce e lei UNO?  Che figura di merda ho pensato io, così capisce che sono sola, il sabato sera al cinema da sola, fanculo, sì uno uno uno un biglietto del cazzo per la Storia di Pi perché non me ne sono stata a casa stasera che avevo le mie cose da fare, e sono uscita con il mio singolo biglietto e gli sono andata incontro e ciò che mi pesa sono i silenzi che sono pieni di pensieri che leggo distinti, come se tra noi due ci fosse un doppio dialogo.

- in effetti mi sono sempre domandato come mai non ti ho mai incontrato al cinema  - che dici, ci abito sopra questo cinema, è abbastanza ovvio che io sia qui (ti guardavo non mi aspettavo di vederti, ci sono rimasto di sale- cosa vuol dire che ti sei sempre domandato?)

-       e dimmi i ragazzi, come va? – bene dai, sono di esami tutti e due quest’anno- (sono felice, ti ho trovata, sono felice, speriamo che non arrivi la mia compagna adesso – è morta tua madre sei in grado di essere più libero ora, come ti ho augurato io? Sei in grado?)
-    cosa vai a vedere? – La Storia di Pi e tu?- Quartet – ah, roba per giovani eh? – beh, capirai, la storia di Pi...- Beh, ma almeno lì c’è l’India, i colori, la musica... –eh, hai ragione Nina, hai ragione (vorrei sapere tante cose, non voglio che arrivi la mia compagna adesso, mi perdo non sono sicuro di volermi perdere con te davanti – non la voglio vedere la tua compagna adesso, non riesco a capire se sei ancora bello come una volta, devo scappare, devo scappare, che faccio?)

-    hai il cellulare in mano sei sempre tecnologica tu – eh sì, sempre io, sempre (che cosa dico? Da dove comincio? Dio mio quanto è bella - non devi cominciare da niente, non vedi come sono messa male? Ho fatto una strada la rifarei tutta, magari non da sola)

-     e senti, dimmi di te, come stai? Ti trovo molto bene, dimmi di te – ah di me? Sapere di me? no, è meglio di no (glielo chiedo cosa fa, magari si è sistemata,  magari sta bene, magari non ha bisogno – sono disperata, non si vede che sono disperata? Non ho niente in mano, niente se non la mia cocciutaggine e chissà cosa d’altro, sono emotivamente scossa in questi giorni, io odio gennaio così duro e livido e così lontano dalla primavera, chissà che uomo sei diventato ora- te lo avevo detto, sono un faro spento ma servono anche i fari spenti. -  sì è vero, me lo avevi detto)

-       .....(tace e sorride) - mi sa che è meglio se io entro in sala – sì, hai il biglietto numerato ma ti prendono il posto – sì, mi prendono il posto (non andare, raccontami che cosa fai, voglio sapere come stai, lo voglio sapere adesso –non ti posso raccontare niente perchè ho una vita che è un disastro, un disastro su tutti i fronti che veramente non so più nemmeno a che Santi votarmi che qui mi serve un miracolo ma non sono donna da miracoli io, mi alzo tutte le mattine e faccio e faccio e faccio e vado a letto tutte le sere e dormo e poi mi rialzo la mattina ma non cambia mai nulla, niente, ma io posso solo andare avanti, sarà bene che io scappi – non scappare, sei in difficoltà lo vedo, non scappare resta, ti prego resta ancora un attimo)

L’ho guardato dentro gli occhi, diretti, i miei dentro i suoi e sono arrivata fino in fondo dove ho trovato una lastra ghiacciata azzurro cobalto, liscia e pallida nonostante l’azzurro, lui era fermo nel suo giaccone nuovo blu, i piedi ben piantati a terra stavolta, fermo come una guardia, ritto, forte, sorridente.

-        dimmi di te- ha ripetuto.
-       non ti dico niente di me adesso. Chiamami. Cercami. Chiamami.
 
E mi sono avvicinata a lui, così vicina che il mio cappotto ha toccato il suo, lui immobile si è ancorato al mio viso, io ho sollevato la mia mano e gli ho fatto una carezza, una sorprendente carezza anzichè il bacio di prassi.

E mi sono voltata, nuda come ero, sono entrata nella sala a vedere la Storia di Pi, che è esattamente la mia storia: non tanto per il naufragio, per la lotta con la tigre, per la sopravvivenza portata all’estremo delle forze.

Quanto per la capacità tutta mia, di trasformare la realtà brutale in storie fantastiche, per la mia testardaggine di voler leggere segni ovunque, richiami e risposte divine in ogni singola azione, e animali al posto di uomini e pensieri al posto di silenzi.

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