L'indulgenza e la contentezza di prossimità.
Sono stata al Santo l’altro giorno,
che erano un bel po' di giorni che non ci andavo e mi dicevo che, appunto, ci
sarei dovuta andare.
Sono uscita un po' prima dal
Lavoro Benedetto con l’intento preciso di andare a dare un saluto e farmi
vedere, vedi mai che si dimentichi di me, mi sono detta.
Così ho parcheggiato la mia
bicicletta a una rastrelliera, con movimenti rallentati dal gran caldo ho
frugato nella borsa per cercare il foulard e dopo essermi coperta il collo e la
scollatura tonda della maglietta sono entrata: beh non è che io fossi molto
scollata ma ci sono quei due davanti al portone di entrata che fermano le
signore non sufficientemente coperte e io non volevo, capisce signora mia, non
volevo che qualcun altro facesse notare a me le mie già numerose mancanze,
quindi in maniera preventiva, mi sono coperta con un delizioso foulard di seta
lavata con tenui colori azzurri , giallo pallido e un tocco di sangue di
piccione (5 euro da Solo Pe TTe ) e sono entrata che già attraversare la piazza
assolata alle 6 del pomeriggio con 35 gradi, forse 36 dopo una giornata al
Lavoro Benedetto in cui non si sa se si andrà avanti o si sprofonderà tutti è
un atto coraggioso.
Le dico che è coraggioso perché il
selciato della piazza assorbe il caldo e lo riflette poi verso l’alto, cosicché
se si è a piedi nudi con le infradito basse basse si sente un lieve movimento
di aria densa che viene compressa quando si posa il piede a terra, e sale
vorticosa e calda in volute gialle attorcigliandosi alle caviglie e si arrampica
sul polpaccio sotto la gonna bianca, ampia e un po’ informe come quelle che
vanno di moda oggi e che mettono le donne che come me hanno problemi di
sovrappeso: un gonellone informe a coprire le gambe. E sono proprio le gambe che sul selciato vengono assalite da ondate di caldo color arancione.
Non si fa, Sant’Antonio, non si fa, e mi è venuto da ridere mentre guardavo di
sottecchi se anche le turiste intorno a me avevano la stessa sensazione ma se
l’avevano parevano non accorgersene. Tanto nessuna aveva il gonnellone che
avevo addosso io.
Comunque mi sono avvolta il
foulard intorno alle spalle e con aria mite ma decisa ho attraversato la linea
d’ombra netta che si staglia tra il fuori e il dentro la chiesa: il cambio di
temperatura è repentino e subito ti senti avvolta dapprima da una sensazione di
sollievo e poi da una coltre di peccato, ma ormai sei dentro la chiesa, non è
che si può girare le spalle a sant’Antonio, per cui sono entrata, e il grigio,
l’azzurro e un verde polveroso mi hanno accolto, come se le porte si fossero
chiuse e io non potessi uscire.
Ho scoperto che c'era un sacco di
gente che seguiva la messa, ma a me la messa, con i preti che qui sono frati,
le liturgie e tutto quel gran daffare a darsi colpe e farsi carico dei peccati,
non mi piace proprio. Non è che sono una mangiapreti, ma sa, ci vorrebbe molta
attenzione e molta cura nello scegliere le persone che devono diventare
sacerdoti, e a me pare che ci sia molta superficialità e un generico senso
unico, per cui se fai parte della comunità sei accolto e onorato purché tu stia
alle regole, testa bassa e ubbidienza. Un po’ come con i partiti politici, non
so se mi spiego. Lei mi guarda e ascolta e io mi dilungo in dettagli inutili ma
è che questa cosa della chiesa crea in me un conflitto mai risolto, tra la mia
spiritualità e coloro che dovrebbero mettermi in comunicazione con Dio, fare da
tramite con lui: così in sostanza faccio da sola, dato che poi non è che io
cerco il contatto diretto con Dio, quando mai, io vado a parlare con l’unico
uomo che mi dà conforto, che è il Santo e, quando lui è occupato, il Beato Luca
Belludi. Due uomini mica male direi.
Camminando nella navata di destra,
sempre in contro corrente, sono stata distolta dai miei pensieri dalla
assemblea, che era rumorosa e unica,
e pregava a voce alta: non si prega a voce alta, ho pensato,i preti i
frati i sacerdoti ecco vedi come fanno? Pensano a loro stessi e chi se ne frega
di quelli che come me cercano un po’ di quiete, loro dicono la messa a voce
alta e anzi, un coro unico fatto da tante voci si sollevava, fastidioso perché
non armonico, si sentivano distintamente le voci di tutti, quelle roche, quelle
acute, quelle vibranti, una cacofonia di voci che non si addice alla mia chiesa
e al mio bisogno di solitudine e concentrazione.
Mi sono fermata quasi subito e mi
sono voltata a guardare l’assemblea la cui preghiera corale si sollevava come
una gigantesca chioma di un albero fatto da tante foglie, e volteggiava così,
sopra le loro teste, densa ma eterea mentre le colonne portanti della chiesa si
spingevano ancora più in alto per fare spazio. Così, mentre guardavo affascinata questa palla galleggiante
mi sono accorta che era prodotta
da una messa che doveva essere speciale, perché dicevano delle preghiere
una dopo l'altra, tipo il Credo, poi un'Ave Maria poi un Padre Nostro, e queste
preghiere non sono tipiche della Messa.
Ho pensato all'importanza dei riti, che rassicurano e
permettono di sentirsi tranquilli nel fare le cose giuste predisponendoci a una
attitudine precisa, e un poco alla volta il rumore della mia testa ha
cominciato a spegnersi, che ormai ho capito che mi serve del tempo per sentire
le cose, e soprattutto dovrei smetterla di chiacchierare continuamente
brontolando.
Mentre ero lì a fare il vuoto
dentro di me, mi sono soffermata un po' più a lungo a guardare i turisti devoti, che mi fanno veramente sempre
riflettere, inginocchiati all'altare più brutto e moderno non solo della chiesa ma di tutta la
città, il primo a destra, l'altare dell'Altissimo; tra tutti gli altari
scelgono il più moderno e chissà perché, forse perché è l’ultimo della chiesa?
Ma poi sono stata ancora distratta perché la comunità che era al centro della
chiesa continuava a pregare a gran voce e mi distoglieva dalle mie cose, che
non siamo mica ad una fiera, per me è un luogo sacro e mi piacerebbe che ci
fosse silenzio e non un grido corale e stonato. Così ho prestato però attenzione all'assemblea la cui
preghiera volteggiava sempre nel mezzo della navata e risuonava come un
richiamo e ho fatto il conto che non è sabato né domenica, che erano
all'incirca le 6 del pomeriggio, e che razza di festa vuoi che ci sia il due di
agosto così mi sono fermata ad ascoltare e il frate sull'altare ha detto che
aveva appena dato l'indulgenza. Capisce signora mia, l'indulgenza, che vuol
dire il perdono, ma ha la stessa radice verbale di indulgere ovvero
soffermarsi, fermarsi, languidamente indulgere in qualcosa, e allora ho fatto
un pensiero veloce, bello, ho detto, l'indulgenza proprio oggi che sono venuta
qui. Nel frattempo la messa era finita e se ne sono andati tutti.
Io ho ripreso il cammino (per la
precisione il mio rito consiste nel fare il percorso inverso a quello
tradizionale che va da sinistra a destra - senso orario- ma io invece faccio da
sempre da destra verso sinistra) e così mentre camminavo nella navata di destra
e il Santo zittiva un po' alla volta il mio nugolo di pensieri, sono incappata
nei tre sacerdoti (pardon, 3 frati!) paludati con vestiti d'oro i due ai lati e
le vesti azzurre quello centrale, che dopo aver suonato un campanellaccio mi
hanno tagliato la strada, hanno attraversato la navata e sono andati
all'altare. Vabeh, ho pensato, bisogna essere pronte a cogliere i segnali
che il Santo mi dà, magari fanno una preghiera particolare, se Dio vuole non ho
nessuno a casa che mi aspetta per mangiare, chiedere soldi – che tanto comunque
sono finiti- farsi accompagnare, farsi fare compagnia, e così mi sono seduta nell’assemblea e mi sono accorta che era una
messa vera e propria e allora ho detto e porcamiseria sant’Antonio, mi hai
fregato, ma tanto ormai che c’ero mi sono fermata lì, mi sono accertata che non
ci fosse seduta di fianco a me la zia Oh TesoroComeStaiBene
adessoCheSeiSeparataPoverinaTeComeFai?, mi sono infilata nel mezzo della
assemblea che si era immediatamente riformata e sono stata lì a vedere cosa
succedeva, seccatina, per la verità, che non era mia intenzione beccarmi la
messa, proprio no, che io ho un canale diretto con il Santo, che me ne faccio
della messa io, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, che
vengono poi detti puntando l’enfasi maggiore sulla parola Padre e lo Spirito
Santo invece viene detto in velocità, scivolando sulle sillabe e distogliendo
l’attenzione per portarla sulle
parole successive e chissà perché.
E mentre ero lì che riflettevo
sulle parole e sulla mia condizione di ritrosa penitente a tratti seduta e a
tratti in piedi sulle panche della chiesa, ho pensato che già che c’ero mi
conveniva approfittare dell’occasione e mi sono messa ad ascoltare con
attenzione tutte le parole che venivano dette e da me ripetute con una
incredibile facilità, come se non fossero anni che non vado a messa, ma
venivano via sciolte, fluide, occupando il pensiero che viaggiava così su
concetti noti illuminati da un’altra luce e non sulle solite cose del tipo come
farò che l’ufficio chiude a settembre, che non ho la liquidazione, che ho le
bollette e l’Imu, e il conto con 79 euro oggi che è il due agosto, e Figlio che
compie 18 anni e Figlia con i denti un po’ storti. Invece ho viaggiato come
acqua zampillante sulle parole che il prete (no è un frate?) pronunciava con
inusuale grazia e leggerezza, nella sua veste azzurro cielo ricamata in oro, la
tunica bianca con il pizzo di Burano, i capelli bianchi, il volto felice e
sereno, e la recita di una messa che anch’essa svicolava via veloce e leggera,
senza peccati da saldare e punizioni da sopportare e senza debiti e a un tratto
uno dei sacerdoti ha letto una pagina dicendo:- e ricordati, che se sei figlio
sei anche erede, e voi siete miei figli- e io ho trovato la cosa terribilmente
confortante, perché se sono erede allora non solo sola, capisce signora mia, e
ho oscillato un po’ la testa pensierosa, che questo era un pensiero nuovo, se
sei figlio sei erede quindi è una ruota, quindi le cose non sono mai statiche
ma si muovono e mentre pensavo così, c’è stato il momento della predica in cui
il sacerdote azzurro ha raccontato di quando San Francesco, il due giugno del
1216 convocò davanti alla sua cappella centinaia e centinaia di persone, un
bagno di folla che nemmeno il Papa Wojtyla, e davanti a quella folla immensa
disse:- Oggi, si festeggia Santa Maria degli Angeli, e io vi voglio tutti in
Paradiso- .
Capisce signora mia, ci vuole
tutti in Paradiso, una rivelazione, e guarda te sant’Antonio cosa mi combini,
che però non credere che io adesso ricominci la trafila della messa la domenica
mattina, percarità, che io ho intenzione di continuare a fare la mia vita, ma
questa è una cosa forte, che ci vuole tutti in paradiso, è favoloso, e come si
fa, e intanto le parole scivolavano liete e in men che non si dica, mentre io
ero lì a riflettere sulla rivelazione a me rivelata, c’è stato il momento della
comunione e io ho detto, eh no, non faccio la comunione, che la faccio a fare,
ci vuole coerenza e integrità di coscienza, e ho guardato le file formarsi, tre
file, e non mi sono seduta ma sono rimasta in piedi, non ci vado a fare la
comunione, figurati, finché il Santo non mi ha dato un calcio in culo e
spintonandomi mi ha fatto uscire dalla trincea della panca, e di malavoglia mi
sono infilata come ultima della fila, non ci volevo andare ma ormai ero lì, e
arrivata al sacerdote ho pensato che potevo ancora battere in ritirata e invece
quello mi ha offerto l’ostia in mano, e io l’ho presa e ho fatto la comunione pensando
che sarei morta di vergogna e invece appena ho alzato la testa il sacerdote ha
detto che solo quelli che avevano fatto la comunione potevano ottenere
l’indulgenza e che potevamo chiederla per noi oppure per qualcun’altro e io
volevo già discutere che cos’era sta storia, se ci vuole tutti in Paradiso
allora io ci ficco dentro un po’ di gente, che c’ho una lista lunga, non è che
uno compra un biglietto e basta, e pensa un po’ che fortuna, mi sono detta, se
non facevo la comunione non ottenevo l’indulgenza e adesso che sono pulita
posso ricominciare tutto daccapo.
E la messa è finita ma io me ne
sono andata di fretta e furia alla cappella del Beato Luca Belludi, e mi sono
seduta stordita dalla grandezza di questa cosa: tutto cancellato, tutto
passato, posso ricominciare da capo, a settembre qualcosa mi inventerò non è
adesso il momento di pensare a queste cose, devo dirlo a l’Eletta, che il due
agosto dell’anno prossimo tocca venire qui perché la sensazione di giallo
lucido che galleggia dentro dopo l’indulgenza è qualcosa che rimane in maniera
permanente, una cosa che dura mentre tutto fuori cambia, è qualcosa che ha a
che fare con l’integrità di coscienza, con i doveri che abbiamo nei confronti
della società, con quelli che abbiamo verso di noi, e poi ci vogliono tutti in
Paradiso, capisce signora mia, ci vogliono tutti in Paradiso e allora, se ci vogliono
tutti io di che mi devo preoccupare?
Allora adesso parto, signora mia,
vado a vedere come butta la Zarina che ha trovato la sua dimensione spaziale
occupandosi di ciò che mangia mio padre.
Sono gialla dentro di me, un
giallo lucido e scintillante, un uovo luminoso e denso e sant’Antonio è un gran
figo, compreso lo spintone che mi ha dato per farmi andare a fare la comunione.
A settembre si inizia una vita
nuova e io mi sento prossima alla felicità.
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