Il terremoto persistente dell'Emilia e dintorni.






 





Persisto nel mio secondo lavoro dato che il primo, quello del Lavoro Benedetto imbarca acqua, il Maschio Alfa è indeciso, la Femmina Alfa 1 al mare, la Alfa 2 incazzata con il Maschio Alfa, Baseluna licenziata, Soldato Jane licenziato, il Fajano Anziano licenziato, il Fajano Junior licenziato, la donna delle pulizie licenziata, Gambelunghe indecisa.

Non ci sono soldi, capisce, e se non ci sono soldi davvero, allora non ci sono nemmeno stipendi. E senza stipendio io, che vivo sulla sopravvivenza, non riesco nemmeno a sopravvivere, e quindi, mi dice lei signora mia, che cosa potrei fare in questi tempi di disperazione cosmica, dove alla mia crisi come donna felice di una famiglia felice si è aggiunta la mancanza di lavoro cronica, l’età decadente di mio padre, le ansie cupe e catastrofiche della Zarina, il terremoto persistente, la cronica mancanza di uomini e, ove ci fossero, la impossibilità di frequentarli dal momento che i Barbari in casa richiedono tempo e attenzioni e io da qualche parte sbaglio di sicuro dato che la Zarina mi ha urlato al telefono:- Non ho una figlia io!- e poi ha sbattuto giù la cornetta, e Figlia mi ha urlato dalla sua camera:- Non mi vuoi bene vado a vivere dal babbo, che lui sì invece!-
Ovviamente poi nessuna di loro ritratta ufficialmente, ma la Zarina mi ha telefonato dicendo che mi pagherà la rata del condominio in arretrato (-passa che ti stacco l’assegno- ) e Figlia mi ha detto che non pensava veramente quello che aveva detto, che si scusava formalmente e di non fare tante storie che, cito: - dovresti saperlo che le ragazzine della mia età dicono a volte cose che non devono, e io mamma, ti voglio tantissimo bene.-


In sostanza, signora mia, la mia vita adesso è come è il terremoto, capisce, che è una cosa spregevole e terrificante, ma la paura dura in realtà lo spazio di un attimo. Solo che il terremoto come quello che c’è in Emilia adesso non si era mai verificato, o almeno nessuno di noi lo conosceva, o almeno, io non ero psicologicamente preparata a sostenerlo, non mentre crolla ancora una volta il mio Lavoro Benedetto e a me mancano appigli ovunque, ma glielo voglio raccontare di cosa succede quando il terremoto è persistente, e le scosse che arrivano sono sempre forti.

Che dopo la scossa del 19 maggio io avevo sentito anche le altre, ma mi ero preparata: avevo riflettuto molto sul terremoto e sulle cose che io potevo fare indipendentemente da lui, e quindi mi sono preparata una bella borsa gialla della Despar e dentro ci ho messo due bottigliette di acqua, tre pacchetti di creakers, della cioccolata, due berretti, la mantella grande parapioggia, i cerotti, l’antidolorifico e i cerotti contro le contusioni e un ombrello piccolino. Poi ho messo in entrata la pila e uno zainetto dove ho ficcato dentro alcune altre cose. Poi ho dato istruzioni precise ai Barbari per cui ciascuno ha un suo compito: Figlia si deve preoccupare del cane e Figlio deve prestare molta attenzione a quello che dico.
Avevo anche deciso il mio protocollo di azione: in linea di massima si resta in casa, ma se l’epicentro fosse entro i 50 chilometri magari si esce di casa. Con la borsa gialla, la pila, lo zainetto, l’ipad e il cellulare. Vedi mai.


Allora poi, signora mia, mi pareva di essere al sicuro. Ma la mattina del 29 maggio ero in bagno che finivo di truccarmi quando ho sentito che arrivava. La cosa tremenda è che al quinto piano non puoi fare nulla, tranne riconoscerla, camminare con le mani posate al muro verso il centro della casa, dove ho visto che ci sono i muri portanti e aspettare che passi, mentre tutto vibra, i bicchieri, i mobili, le poltrone, qualcosa cade, l’acqua ondeggia nella caraffa e tutto aumenta il suo vibrare, che questo è il terribile del terremoto, è un continuo aumentare della scossa e tu non sai mai se è arrivato all’apice o se crescerà ancora, è inesorabile e io avevo davanti a me l’ipad sul tavolo e l’impulso fortissimo di far sapere che io ci sono, che la scossa è forte, non smette, tintinna tutto, sento qualcuno fuori che urla, quando cazzo finisce, io reggo la casa reggo la casa reggo la casa, speriamo che le scuole siano a tenuta, merda un altro terremoto dopo solo 9 giorni, reggo la casa reggo la casa reggo la casa, sono figa, non succede niente devo solo stare calma che adesso passa, ho il protocollo di azione meno male che i ragazzi non ci sono, speriamo che le scuole siano a tenuta, merdamerdamerda.

Poi passa. Come arriva va. O almeno così pare. In realtà il terremoto persistente si insinua dentro il mio corpo e occupa degli spazi non bene definiti ma che erano quelli che davano stabilità al mio corpo, coloro che sanno forse direbbero il chakra della radice, io non so, ma certo è che la vibrazione è indipendente dalla ragione, dal protocollo, dall’impianto psicologico che io ho costruito per cercare di convivere con il terremoto. Quindi il terremoto fisicamente passa, ma in realtà resta, ti resta dentro, perché mette in forse il mio diritto a vivere sicura dove cammino, rende la mia casa che dovrebbe proteggermi un luogo insicuro e potenzialmente pericoloso, mi toglie la possibilità di agire e di prevedere, mi rende totalmente in balia della sua pazzia e inconsistenza, mi costringe a vivere con una crepa dentro, senza l’aiuto di nessuno, senza la colpa di nessuno, ma così, persa, che già sono persa io, priva di sostegni e malconcia.

Il terremoto persistente inoltre, mi rende sensibilizzata a qualunque variazione possa sentire, come la poltrona bianca da scrivania su cui sono seduta e che è mobile e che vibra perché io vibro. Solo che ogni volta che mi pare di sentire una scossa la crepa che è dentro di me si allarga di un pezzetto in maniera repentina prima che io possa ragionare sul fatto che la scossa è piccola, oppure non è una scossa, oppure è una scossa ma so cosa devo fare, oppure è una vibrazione ma perché è passato il tram qua sotto, oppure è una scossa ma prima valutiamo in rete che tipo di scossa è.

Prima di tutto questo il mio cuore incontrollato perde un battito, sprofonda greve verso la pancia, risucchiato da un vuoto cosmico abbandona il corpo, la circolazione sanguigna perde il flusso regolare, il nero mi avvolge gli occhi e la nuca, il respiro si installa denso nel fondo della pancia e io resto immobile, una frazione di secondo che produce altre crepe dentro di me, da cui non posso difendermi, perché qui crolla tutto, come al Lavoro Benedetto, posso fare e fare, ma se non ci sono soldi non ci sono stipendi, e non c’è contrattazione, avventura, rilancio, vita, non c’è niente, che tutto finisce nel fondo della mia pancia, il cuore, il respiro, il buio, il cervelletto, la nuca.

Poi in realtà il cervello recupera posizione, il cuore riprende a battere, la circolazione a scorrere, il respiro riparte e si ricomincia tutto da capo, che sciocca che sono era una scossa piccola, non era una scossa, è passato il tram, chissà se era una scossa davvero, beh, stiamo calmi ho il mio protocollo di azione, un passo alla volta cosa stavo facendo? Ah sì, il libro, il post, la chat, il racconto, l’editing, la mail, le lezioni su iTunes U di TED su le neuroscienze, la copertina, il racconto, la traduzione e compagnia cantando.


Allora vede, signora mia, siccome non so cosa fare e odio stare male, ho deciso che vado in palestra, e quindi tutte le sere ormai da 3 settimane vado in palestra a fare una cosa che odio che è l’aerobica, ma ci vado, è un obbligo, e io ci vado, mettendo a tacere quella voce orrenda che mi dice che cosa ci vai a fare, sei ridicola, sei grassa, non ti servirà a nulla, fa caldo, sei stanca, sei depressa, sei in ritardo. Non importa, io ci vado lo stesso. 
(E intanto guardi, le metto qui la foto della mia cucina, ne ho fatte alcune da mettere nel libro, assieme a degli estratti, che ne dice? é la mia colazione, perché mi aggrappo alle piccole cose io, come il tovagliolo di lino bianco, il latte fresco, la porcellana fine.)

La stessa cosa la faccio con il libro, che qui imbocco una strada di cui mi rendo conto nessuno sa nulla: è veramente una avventura la meta è definita ma il percorso è pieno zeppo di ostacoli e fermate. E sebbene io avessi letto e mi fossi resa edotta su molte cose, e avessi pianificato per bene il percorso, ogni volta ci sono intoppi che somigliano da vicino alle scosse di terremoto, agiscono su di me come delle crepe profonde e mi induco spesso a convincermi di lasciar stare, che è un’impresa assurda, come è possibile attraversare un mare così vasto da soli, con una compagnia di ventura fatta di volontari che hanno altre cose da fare, altre vite reali da mantenere e muri da sostenere anche loro con la forza del pensiero, e mi pare che il disegno sia ambizioso e insostenibile, e Amazon vuole l’IBAN e il BIC, io non li trovo e  allora mi alzo e li cerco tra le mia carte, ma la Credem non mette l’IBAN nei fogli che mi manda mensilmente, in compenso mi rendo conto che mi fa pagare 1,10 € ogni volta che mi mandano un pezzo di carta con dentro niente, allora penso a come fare, entro nel conto online, ma mi servono lo username che è un numero e la password che è fatta di lettere, meno male che me le sono scritte, digito con attenzione che sta cosa mi mette ansia, entro, trovo i dati, melina C (perché io ho il Mac e il tasto Control non so a che cosa serva) copy, vado su Amazon, melina P paste, copio l’iban, poi torno indietro, log out dalla banca, ancora dentro Amazon, quale forma preferisco, quella del prestito o quella normale? E allora vai a leggere cosa è sto prestito che Amazon sbandiera come una cosa che per un self-publisher  è un toccasana, poi cerco in rete se trovo commenti, è tutto da ripensare, potrei metterci i racconti, ma mi servono in inglese, devo farli tradurre, e via, la mia scala di priorità viene scossa, un’altra crepa, tocca cambiare tutto, e risale la voce, ma chi te lo fa fare, non ce la farai mai, senti che afa, che caldo, il terremoto, il pranzo, la scuola, la ceretta, il garage da vuotare, il sito da comprare, e la gente su Fb che vuole parlare con me e mi chiede : ma allora? Quando esce sto libro eh?


Non c’è niente da fare signora mia, perché per quello che riguarda il macro non posso fare altro che tenere saldi i muri, reggere la casa con la forza del pensiero, e per quanto riguarda la micro situazione la cosa migliore per me è non ascoltare la voce che mi dice di smettere, che mi domanda perché, che mi continua a dire che Tizio non ha risposto, che il Samurai non ti bada, che il Maschio Alfa lunedì ti lascerà a casa, che condominio è da pagare, che la Zarina scarica la sua ansia su di te, che non ne verrai fuori né viva né morta.

Ma vede, signora mia, non importa, vado avanti. Metto l’IBAN, carico la copertina, salvo come bozza, il terremoto è passato, è inutile che io stia lì adesso a vedere quante crepe si sono formate dentro di me, ho altre cose da fare adesso, devo scrivere, pubblicare, scrivere scrivere e scrivere e continuare così, senza le grandi domande sulla vita, ma solo con quelle piccole, quelle che mi chiedono: dove hai messo l’IBAN? Un passo alla volta, uno dopo l’altro, uno dopo l’altro.


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