il terremoto del 20 maggio e la nuova Superkoars.
Buongiorno
signora mia, come sta? La trovo bene, sempre bella, sempre in ordine, mi scusi,
mi siedo qui, guardi cosa le ho portato, una raccolta di inserti del
settimanale Epoca, guardi che belli, vede? Aprile 1959, così magari ho pensato che si distrae e li ho
trovati nascosti nella mia libreria, che in questi giorni sto compilando
l’altra mia libreria, quella in Goodreads e per farlo vado a recuperare tutti i
libri che ho letto nella mia vita e li recensisco. Beh, no dai, non tutti, la
maggior parte di quelli che ho in libreria, e però lascio da parte gli autori
greci e i latini sebbene ne abbia delle edizioni molto belle, con la carta di
sottile pergamena, ma ho provato ad inserire gli ISBN e la maggior parte di
loro non ci sono in Goodreads, e poi, cosa vuole che mi metta a recensire gli
antichi latini, che sono passati 30 anni da quando li ho letti con passione,
per esempio Ovidio, oppure quel matto di Lucrezio... dovrei riprenderli in
mano, poi sembra che mi dia arie, e poi farei commenti magari non pertinenti.
In ogni caso
guardi, mi siedo e sfoglio insieme a lei queste riviste, che poi ci sono quelle
sugli aborigeni, sugli eschimesi, vede? Sì, sì certo che ho sentito il
terremoto, e lei? Tutti qui al nord lo abbiamo sentito e io devo dire che ho
avuto una gran paura ma poi l’ho superata e adesso mi vede calma, riflessiva,
ma sa com’è, il terremoto del 1976 era stato peggiore per me, ha segnato la mia
infanzia e magari un giorno le racconterò, ma quello del 20 maggio e quello del
29 restano comunque due giornate importanti nella mia piccola storia personale.
Ah, lei non l’ha
sentito... meno male, è fortunata, vuole sapere? Sì, le racconto volentieri,
che sa com’è, sono una chiacchierona io, e lo faccio volentieri.
Che la notte del
sabato avevo spento la luce che era tardi, ormai l’una passata, perché mi ero
messa a leggere a letto sull’iPad, che finalmente posso leggere le riviste e
gli aritcoli che mi interessano nel momento che va bene a me e senza dover
stare seduta al computer, che già ci sto abbastanza (come? Ah poco poco, 30
euro al mese per 30 mesi compreso il traffico Vodafone, sì certo che mi piace e
certo che me lo godo, sì sì) . Insomma, le dicevo, avevo spento la luce dopo
l’una, e subito dopo avevo sentito Figlio che entrava in casa, dava una mandata
alla porta e andava in bagno a lavarsi i denti. A quel punto mi ero veramente
addormentata, con Figlia sdraiata vicino a me, il cagnetto ai piedi del letto,
la casa sicura e quella sensazione di meritato riposo che si prova quando
stanchi si spegne la luce, ci si sistema nel letto in una posizione comoda e ci
si lascia finalmente andare (ci ha mai pensato a come siamo indifesi mentre
dormiamo? A quanto siamo sicuri di poter stare a lungo senza difese? È una cosa
un po’ paradossale se ci pensa, l’abbandono totale di se stessi, compresa la
mente, che sarà per questo che io faccio quei sogni continui e intensi, perché
mi abbandono talmente che... i miei sogni? Non li sa? Ahahah, lei dovrebbe ogni
tanto andare sulla mia pagina Facebook e ... sì ok, glieli racconto un’altra
volta).
Quindi dormivo
quando mi sono svegliata di soprassalto e mi sono messa a sedere sul letto con
tutti i sensi all’erta: non stava succedendo nulla. La mia camera dalle pareti
rosse prendeva la luce notturna della città dalla finestra, e non c’era
assolutamente nulla di anomalo, tanto che, signora mia, mi sono messa a pensare
se avevo fatto un brutto sogno, ma niente, e sono rimasta lì, seduta in
allerta, senza capire cosa stava succedendo, eppure in attesa che qualcosa
succedesse. E’ stato così che ho sentito il rumore. E l’ho riconosciuto.
Era lo
stesso identico rumore del terremoto del 1976. Il rumore del terremoto è
diverso da qualunque altro rumore che lei possa mai aver sentito. Non è un
rullo di tamburi, non è uno squillare di campane. Lo chiamano boato e trova
riscontro nella cupezza del muggito, quel suono basso e forte e spaventoso (se
non fosse che noi sappiamo che le mucche sono animali docili) che emettono le
mucche al pascolo. Beh, sì, lei è una signora di città... comunque ho sentito
come un rombo, basso, che si muoveva a una velocità costante verso di me, e mi
lasciava il tempo di pensare: - oddio che cosa faccio adesso che è inevitabile...-
E’ stata la
parole “inevitabile” che ha creato
un vuoto dentro la pancia, dallo sterno in giù, mentre il cervello valutava
impazzito l’unica opzione disponibile :- niente- niente- niente- niente- .
Io abito al
quinto piano, capisce, e intorno a me c’è spazio perché le altre costruzioni
sono tutte più basse della mia e ben lontane, tant’è che io non ho bisogno di
tende per tutelare la mia privacy se non per coprirmi dal sole. Il mio
appartamento è l’ultimo di cinque, e sopra ha una grande terrazza, che il caro
Manfrin con i suoi 92 anni cura come un giardino pensile babilonese. Per i tre
lati non ho muri confinanti, e il quarto lato dà sul pianerottolo. La mia
camera è all’estremità opposta del pianerottolo.
E quindi io ero
lì, seduta, e ho sentito arrivare questa cosa, e prima ancora che arrivasse
l’ho riconosciuta, che il mio cervello ha cominciato a dire: -terremoto- cosa
faccio- niente- terremoto- cosa faccio- niente- cosa faccio- niente- cosa
faccio- niente – cosa- niente- niente- niente.
Nulla di quello
che mi aspettavo del terremoto era successo: perché le altre scosse che avevo
percepito nella mia vita arrivavano e facevano vibrare in maniera costante il
palazzo (il terremoto dell’Aquila, quello dell’Umbria, quello del Friuli),
portavano rumore e vibrazioni, venivano da davanti a me, le condividevo con
qualcuno vicino a me che si prendeva la responsabilità di me e del terremoto.
Stavolta no.
Stavolta, signora
mia, di fianco a me c’era Figlia che dormiva, il cane ai piedi del letto e Figlio nell’altra stanza.
Sono rimasta
seduta e ho messo in allerta tutti i miei sensi, ma soprattutto l’udito,
signora mia, come se fossi stata un cane da caccia e ho sentito che questa cosa
arriva alle mia spalle, con il suo rombo cupo che arriva da lontano e aumenta
di intensità in maniera progressiva e veloce, finché non ha investito la mia
camera cogliendomi di sorpresa nonostante me l’aspettassi, ha urtato
violentemente contro la parete della camera, non un vibrare continuo, ma un
colpo forte, i libri hanno vacillato, le porte dell’armadio antico si sono
spalancate, qualcosa è caduto, la finestra ha cigolato, sopra il mio tetto,
sulla terrazza, i vasi hanno cominciato a cadere e rotolare, il letto vibrava e
la casa era invasa di questa cosa che non se ne andava, ma dava un altro
scossone alla parete alle mie spalle, e le ante sbatacchiavano cigolando forte,
e poi crescendo tutto il rombo del terremoto è entrato nella mia casa e ha
vibrato tra una parete e l’altra, mentre la mia vista si è acuita come quella
di un gatto e mi sono resa conto che nulla poteva cadere sul letto e farci
male, l’armadio era stabile, e i libri piccoli, ma la cosa era che il rumore
non accennava a diminuire, e i colpi alla parete erano forti, e il mio cervello
pensava:- cosa faccio niente- cosa faccio niente- cosa faccio niente- finché
invece qualcosa da fare l’ho trovato
e ho cominciato a concentrarmi e a tenere su i muri delle pareti, glielo giuro
signora mia, uno sforzo immane a contrastare quella presenza grigia e quel
rumore, io mi ero concentrata sulla casa e i suoi muri. Poi ferma come ero,
seduta sul letto, poiché Figlia si stava scuotendo innervosita, le ho posato la
mano sul fianco, e lei si è svegliata e ha frignato:
- - ma insomma
mamma, cos’è sto casino? Ho paura!
- .- Non è
niente, non è niente, mettiti a dormire.
- - Fallo
smettere!
- - Ok,
ok, adesso lo faccio smettere.
Lei si è girata
sull’altro lato. Potere dei 13 anni e della fiducia in me.
Ho continuato a tenere tutto fermo con
la forza del mio pensiero. Ho valutato bene la forza grigia che vibrava, il suo
riempire la mia casa della sua energia e mi sono infiltrata nelle trame libere,
tra un’onda e l’altra, riempiendo della mia energia tutta la casa, con una
forza uguale e contraria, sicura che la mia casa non avrebbe ceduto.
Lo so signora mia che lei mi prenderà
per pazza, ma era l’unica cosa che potevo fare, che certo non potevo scappare o
far smettere quella cosa grigia e
orrenda che si era impossessata delle mie stanze e che cresceva in
continuazione. E mentre ero così
in tensione, mi sono alzata, rotolando verso al fine del letto; vedevo tutto
come se fosse stato giorno, il rombo ancora in casa, oggetti che cadevano ma i
colpi grossi erano finiti, sono arrivata in sala e mi sono affacciata alla
finestra a guardare per la strada, poi mi osno voltata e ho visto Figlio, con
il suo bellissimo pigiama a righe, così alto con i capelli scompigliati, la
barba un po’ lunga, e quell’aria leggermente sorpresa, mentre in sala gli
oggetti vibravano, i bicchieri facevano ancora rumore, ma quella cosa densa e
grigia stava abbandonando la mia casa, il rombo si spegneva lontano e noi
sentivamo ancora solo il pavimento che ondeggiava e Figlio mi ha chiesto:
- - mi
devo preoccupare?
Ci ho pensato un
attimo, se aveva senso che lui si preoccupasse, per cosa poi, che il terremoto stava
per andarsene, dovevo decidere cosa fare e ho detto:
- - no
non credo proprio. I terremoti si chiamano così perché fanno ondeggiare la
terra... questo è un terremoto, ma secondo me adesso è passato...
e come ho detto
così la libreria del corridoio dove tengo i piatti di servizio, ha cominciato a
vibrare ancora, solo lei, come se in casa, nel punto più solido ci fosse stato
un poltergeist che faceva ondeggiare la vetrina e tintinnare i piatti che fino
a quel momento erano stati fermi mentre tutto intorno aveva vibrato, e Figlio
mi ha guardato e io con non-chalance ho detto:
- - no,
quello non è il terremoto, è il fantasma. Il fantasma di casa.
- - ah
ecco, mi pareva...
Però siamo andati
entrambi a vedere la libreria che pareva ferma e invece faceva rumore.
- - ma
allora adesso cosa faccio?
- - mah,
non so, credo che forse potresti andare a letto.
- - Sì.
Mi sa che io me ne vado a letto, tanto la casa è antisismica no?
- - Sì,
certo, ovvio. Sì, è antisismica, sì.
Cazzo, ho
pensato, non lo so se la casa è antisismica. Ho aspettato che Figlio chiudesse
la porta della camera e poi ho gironzolato un po’ per casa, a guardare se
vedevo crepe. Non c’era niente. Non era caduto niente. Fuori per la strada non
c’era nessuno. Io ero a casa da sola alle 4 di notte, svegliata da un terremoto
e adesso tutto pareva frutto della mia fantasia. I ragazzi dormivano e io
sentivo il cuore che batteva all’impazzata, le mani e le gambe che tremavano
come se veramente avessi fatto uno sforzo fisico importante, e andare a letto
non era pensabile, no davvero. Così mi sono presa l’ipad e mi sono collegata a
twitter. Lì ho letto che non era una mia invenzione, che l’epicentro era
lontano, ho letto di gente che parlava di San Felice e sono andata su google a
vedere dove era, e poi ho letto che c’erano stati dei danni ma non pareva che
ci fossero dei morti, e poi ho retwittato alcune informazioni che mi parevano
importanti, ho scritto anche io mettendo gli ashtag #terremoto #padova, ho
stretto amicizia con uno che non conosco, ho dialogato su facebook, e ho
stabilito che l’epicentro era abbastanza lontano da non costringermi ad
abbandonare la casa, ho tirato fuori la pila e l’ho messa in entrata, ho bevuto
una tisana, e verso le 5 ho pensato che potevo andare a letto perché il cuore
si era messo a battere con un ritmo regolare. Così mi sono ficcata sotto le
coperte. Ho chiuso gli occhi.
E l’ho sentito
arrivare.
Ancora.
Porcatroia, ho
pensato, e stavolta però non mi ha colta impreparata. Mi sono alzata e l’ho
sentito arrivare, un colpo forte alla parete della camera, poi un altro, e io
in piedi, a sostenere i muri della casa, porcatroia ho pensato, e lui è passato
e ha sbattuto un po’ di qua e di là e se ne è andato via, ed era meno grigio e
meno pauroso, io ho tenuto la casa sotto controllo, ho un milione di cose da
fare io, ho una vita lunga da vivere, e il terremoto è passato e tutto pare
come prima, mentre invece ti è passato in mezzo, tra le viscere, attraversando
il tuo corpo da parte a parte e ponendoti davanti alla vera grande domanda
della vita: - è adesso il mio momento?-
Il terremoto poi
se ne va, con la sua coda rumorosa e il suo sapore di ferro e dove non ha fatto
disastri tutto pare come prima, ma non le persone, che restano ferite dentro,
da sole davanti all’idea improvvisa che la morte non è mai stata cosi vicina,
e l’impotenza mai così grande, e la solitudine mai così acuta.
Fanculo, ho
pensato, e sono andata in cucina, ho preparato una mini borsa di emergenza, ho
messo in carica il cellulare e ho preparato il caffè che ho sorseggiato mentre
ero in chat. La rete mi ha salvato, come sempre.
Perché ho visto
che non ero sola, non mi ero inventata io il terremoto. Altre persone sapevano
che cosa era successo, e dove, e un sacco di gente si stava muovendo, qualcuno
confortava, qualcun altro si disperava, ma eravamo tutti lì, sapevamo che anche
gli altri sapevano, e qualcuno si stava mobilitando per fare qualcosa.
Alle 7 e mezza
ero stanca, il giorno era spuntato. Mi sono resa conto che ero assonnata, ma
che stavo bene. Il terremoto era arrivato e lo avevo affrontato da sola. I
ragazzi avevano dormito tutta la notte.
Un terremoto di
grado 6.2. Io in contatto con il mondo.
La mia paura
trasformata in energia.
E sa cosa mi sono
detta, signora mia?
- - domani
mi iscrivo in palestra. E adesso vado a dormire.-
e così ho fatto.
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