La decisione irrevocabile

Già entrando in
corridoio avevo sentito un vibrare sottile, un rumore a bassa frequenza, come
se i cuori di tutti si fossero messi a battere con toni pesanti e grevi. Ma non
ci avevo fatto caso, che il mio scopo era camminare fino all’ufficio del
Maschio Alfa, salutare e andare a casa, che altro non volevo.
Sono entrata
nello studio e il sole entrava obliquo e sfacciato dalle finestre, riflettendo
un luce eccessiva ....
(omissis)
- il Negozio chiude.
(omissis)
... sono rimasta
impietrita, mentre l’effetto era identico a quello che si può ottenere se
qualcuno punta le mani sulle tue spalle e ti spinge con forza, e
tu cadi all’indietro che in avanti non puoi, perdi l’equilibrio e piombi di
schiena su un letto che in parte ti sorregge in parte diventa prigione, e
mentre cadi pensi che stai cadendo e morirai, ma poi pensi che c’è il letto e
non puoi quindi farti del male, e poi pensi che comunque sei stata gettata sul
letto e c’è qualcosa che non va, che forse è uno scherzo, forse una prova,
forse è un gioco, e l’unica cosa che sono riuscita a dire mentre mi guardavano
per vedere la mia reazione è stato:
- -- E
quando si chiude?
E ho spiazzato
tutti, che si sono guardati l’un l’altro e una voce ha iniziato a circolare, ah, 45 giorni, no 40 giorni, no 50 giorni, non so, guarda il calendario, mah,
oh non sappiamo quando chiude? 6 settimane, no 5, no 45 giorni, fino a fine
aprile, no una settimana in più, insomma! Non importa.
Che avrei dovuto
tacere come avevo fatto fino a quel momento, ma invece ho continuato:
- - - e di
sotto? cosa hanno detto i ragazzi giù?
E davvero un buon
tacer non fu mai detto, che ...
(omissis)
A quel punto ho
detto:
- - mi
serve una sedia, che non sto bene.
E mi sono seduta,
come fossi stata a una veglia funebre, seduta in silenzio cercando di raccapezzarmi,
e capire dove ero finita, che alle mie due domande non c’era stata risposta, e
loro guardavano me mentre io fissavo il tavolo e cercavo nel groviglio dei miei
pensieri, e poi ho detto:
- - scusate,
la mia è una domanda un po’ stronza, ma io con che società sono?
E invece a questa
hanno saputo rispondere, sollevati mi hanno detto di che società facevo parte,
mi hanno risposto in tre, insieme, mentre io ero seduta al tavolo, con la
sensazione di essere stata spinta con le spalle verso un letto, le ginocchia
piegate sulla sponda del letto e il resto del corpo su un soffice materasso,
sopra di me un corpo enorme, pesante, ma il tutto è morbido, apparentemente
tranquillo e privo di pericoli, mentre un senso di inquietudine prende la testa
e la riempie di pensieri fitti, così fitti che non si riescono a distinguere.
Sono rimasta in
silenzio, e con me gli altri, io a fissare il tavolo, gli altri non so, finché
poi mi sono alzata:
-vado a vedere la
mia posta. Non vi si può lasciare soli una settimana che mi combinate un casino
mostruoso.
(omissis)

Mi serve una svolta,
signora mia, un Demolitore, lei sa cosa intendo vero? Beh, se lo capisce lei che nemmeno sa tutto ciò che mi riguarda,
perché non dovrebbe capirlo anche l’Universo tutto?
Mi serve un aiuto
insperato.
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