Il miracolo della quotidianità
Mi è ormai chiaro
che nella gestione della mia vita quotidiana, le parole quotidianità, routine,
stabilità non hanno proprio un significato esatto. Aspetti che mi siedo,
grazie, ecco qua. Mi sono guardata allo specchio l’altro giorno, un’occhiata un
po’ più persistente delle solite, sa com’è, ho stabilito che sono viva, mi sono
fatta la linguaccia, ho spento la luce e sono uscita dal bagno.
Non sta bene, in
effetti, lo so, ma che ci vuole fare, bisogna anche esorcizzare la vita ogni
tanto, che sa, siamo a fine maggio e io sono ancora penzoloni al Lavoro
Benedetto, penzoloni con il libro, penzoloni con la salute e ci mancava il
terremoto e le notizie catastrofiche della Grecia che affonda, dell’Italia al
collasso, dei cani massacrati in Ucraina, della Timoshenko picchiata in
carcere, di Bossi jr che si è comprato la laurea, della Brand del Negozio che
non funziona, dei negozi che chiudono, della Spagna in grande difficoltà
economica con i cartelloni pubblicitari vuoti. E io che vendo vestiti, capisce,
signora mia, e scarpe anche.
Eppure in casa mia si respira un’aria di allegria, di normalità mai turbata, se non fosse che Figlio si lamenta che Figlia parla le ore al telefono, e se non fosse che Figlia si lamenta che Figlio non fa mai niente, e la tavola tocca a te, no a me tocca il cane, smettetela, ma uffa mamma... che palle dai sempre ragione a Lui, dai sempre ragione a Lei. A parte questo mi pare di cominciare a vedere i frutti della convocazione che ho fatto (su email previa telefonata “intercorsa” – come si dice in gergo tecnico) a metà aprile, quando ho riunito la famiglia al tavolo delle trattative, e il Talebano si è seduto a capotavola e Figlio alla mia sinistra e Figlia alla mia destra. Mi sono dovuta rimangiare la parola che avevo dato, e così ho chiesto al Talebano se voleva un caffè, ha detto di sì, e ho dovuto prepararlo, ma certo non lo avevo invitato a pranzo che non voglio cucinare per lui mai più, nemmeno un caffè avevo detto una volta, ma davanti ad altre impellenti necessità, ho preso la caffettiera e ho preparato il caffè. Sono stata parecchio brava, perché devo dire che la tentazione di farlo maldestramente rovesciare sul tavolo è stata forte, ma si sa ormai, riesco spesso a tenere a bada il mio istinto, quindi ho posato lo zucchero e le due tazzine sul tavolo, una tazzina per il padre e una per il figlio, che certo io non bevo il caffè con il Talebano, perché in effetti sì, sono parecchio stronza e ancora incazzata, quindi il caffè con lui non lo condivido.
Allora le dicevo
signora mia, avevo convocato il Talebano per mettere all’angolo Figlio con la
faccenda della scuola, fargli sentire la pressione psicologica di una coppia di
genitori, fargli vedere che non ci sono scappatoie, ma solo lo studio e basta.
Previa istruzione e debita formazione gratuita per via telefonica, il Talebano
ha minacciato di togliere la palestra e il pianoforte, mentre io pensavo a
chissà quanti genitori vorrebbero essere nei nostri panni di genitori, che per
fare andare bene a scuola i ragazzi sono costretti a togliere cose tipo i soldi
( che Figlio non vede), le discoteche (che Figlio non ama), la moto ( che
Figlio non ha), e invece noi eravamo lì a dirgli : ti tolgo la palestra e il
pianoforte. La situazione sembrerebbe paradossale, ma mi sarei stufata di avere
Figlio che viene rimandato a settembre, e stavolta il pugno di ferro mi era
parsa l’unica soluzione. Così ho lasciato che il Talebano parlasse, gli
spiegasse il perché e il percome, gli dicesse che gli avrebbe tolto questo e
quell’altro, e intanto io facevo il caffè e tacevo, e Figlia era seduta anche
lei a tavola, e guardava con occhi grandi e attenzione alle dinamiche di un
paio di genitori separati eppure seduti (o quasi ) allo stesso tavolo perché
incazzati con Figlio. Ma dopo che il padre ha parlato per bene, stavolta sono
intervenuta, che mi sa che nel frattempo sono anche cambiata, e perciò ho detto
a Figlio che io stessa avevo suggerito quella possibilità a suo padre, che
sarebbe stato inutile che lui cercasse di fare breccia su di me dopo la
conversazione dal momento che l’idea era stata mia, e cosicché il Talebano, in
un estremo tentativo di recuperare il terreno perso ha esclamato :
–
condivisa
da entrambi perché siamo entrambi i tuoi genitori –
ma io ho capito che aveva perso posizione, o almeno si sentiva in difetto.
Per questo ha accettato di andare a parlare lui con l’insegnante di italiano e
latino (ma come si chiama? Ma a che ora? Ma cosa le devo dire? Eccheccavolo,
sei docente universitario, vedrai che te la cavi di sicuro) , e io e Figlio
abbiamo preparato un piano di azione di 6 settimane. Ogni giorno, con una
tenacia che mi ha sorpreso, davanti alla tazza della colazione dicevo: sappi
che sei alla metà della prima settimana, te ne mancano 5 e mezzo- e Figlio mi
guardava seccato e poi annuiva fissando il calendario, e un poco alla volta i
risultati miracolosi si sono visti, che ha portato a casa un 6 e mezzo di
latino, e poi un 6 e mezzo di italiano e poi un sette di storia, e via andare,
snocciolando sufficienze e
passando effettivamente le ore sui libri.
Per questo a casa adesso c’è aria quasi di vacanza, con Figlia che porta a
casa dei voti decenti e fanno tutto da soli, che certo io non faccio i compiti
con loro. Non so se lei si ricorda che bella che è l’aria a fine maggio quando
la scuola sta per finire, giugno è alle porte, e l’estate è tutta una
promessa...
Nel frattempo Ionohostata ha preso in mano la casa, io e lei abbiamo
reciprocamente preso le misure, e quindi la casa è generalmente in ordine, il
frigo pulito, i letti fatti, i vestiti appesi stirati, le scarpe al loro posto,
la cucina linda. Mi prende un senso di conforto tornare a casa e trovare il
cane che scodinzola felice, io mollo la borsa sul tavolo in sala e vado in
cucina a preparare il pranzo, apro il frigo e cucino, che a volte, quando in
questi giorni di maggio freddo e piovoso, si infila un raggio di sole sulle mie
padelle mi prende come una fitta e penso a J, a come sono stata bene con lui, a
quanto sono stata amata da lui, e penso che va bene così, che molta gente non
ha mai avuto quello che ho avuto io e in ogni caso, io con lui sono stata bene .
Restano molte cose da fare ancora: la rata del condominio non è che si è
estinta da sola, QS non marcia, il libro ha subito una frenata perché sto
facendo l’editing finale e rileggerlo dopo tanto tempo mi procura una sorta di
dolore, come una catarsi ultima prima della liberazione finale. La lavatrice è
morta, rabbiosa ha chiuso la bocca con dentro la mia copertina di lana bianca e
non ha voluto mollarla se non 24 ore dopo, ma altro non fa, che lei inizia a
lavare e poi si spegne, oppure risciacqua e risciacqua e altro non fa, e per
certi versi mi ricorda mio papà, funziona ma spesso si intoppa. Fatto sta che
ormai sono due settimane che non si fanno lavatrici in casa, e io protesto con
i ragazzi che si sporchino di meno, ma mi aiuta in questo il fatto che le
temperature sono cambiate, quindi non hanno necessità delle cose pesanti che
man mano si stanno accumulando nei due cesti della biancheria. Io temporeggio,
indecisa se chiamare il tecnico o comprarla nuova, e nella mia indecisione i
giorni passano, nessuno brontola, e ieri ho guardato in rete cosa dice la gente
quando si trova con una lavatrice che fa le bizze come la mia. Beh, la gente
dice che è rotta. Che non c’è nulla più da fare. D'altra parte, signora mia, sarà
pure una Bosch, ma l’ho pagata ancora in lire, che era ancora l’anno 2000 e se
si è fumata la scheda elettronica non c’è niente più da fare (350 euro di
sostituzione, la gente dice).
A ruota è morta pure l’aspirapolevere, che agonizzante tira tira tira, ma
riesce solo a far fumo e un acre odor di bruciato. Mi sono chinata, l’ho
esaminata nelle parti pubbliche, le ho delicatamente aperto il filtro, l’ho
lavato, spazzolato, asciugato. Ho svitato quello che si poteva svitare, ho
visto le sue parti più intime, poi l’ho richiusa e ho riprovato. Niente da
fare. La puzza di bruciato non c’era più, ma ancora faceva uno sforza tremendo
per un risultato veramente misero.
L’ho richiusa e l’ho guardata un po’, sovrapensiero. Poi ho alzato lo
sguardo pensierosa, e vicino all’asse da stiro ho visto il ferro, bianco e
azzurro con la piastra tutta consumata,
ho allungato il dito per toccarla e una parte era liscia e fredda e
l’altra ruvida, e l’avevo comprato a 10 euro da Max&Max e mi ricordo ancora
che il Talebano mi aveva chiesto: ma c’è n’è bisogno?
Sa, signora mia, credo di avere ancora parecchio da sistemare. Sono rimasta
ferma lì, l’aspirapolvere apparentemente bella, il ferro da stiro consumato, la
lavatrice ostinatamente muta.
-Io no capisce, spirapolvere no funziona più, lavatrice no apre più bocca,
io visto che tuo negozio ha chiuso e io detto Vladi, mamma mia Vladi se lei no
lavora io no lavoro, mamma mia Vladi,
cosa facciamo se io no lavoro più che comprata lavatrice a rate 24 rate,
io faccio senza spirapolvere, io se vuoi lavo vestiti a mano, tu dimmi io
facci, che io voglio che tu sei contenta, che io sto bene qui con te. Che mia
mamma venuta casa mia e ha detto: tu qui stare, che tu lamenti che hai frigo
vuoto io dico te che a Romania frigo sta spento . Tu trovato oro a Italia, tu
no tornare a Romania.-
Allora sono andata al computer. Ho beccato in facebook l’Esperto della
situazione, dai, gli ho detto, porcazozza ho la lavatrice rotta, mi serve un
1200 giri e lui mi ha detto:
-
1200?
E perchè?
Perchè lo diceva il Talebano, ho pensato. Gli ho fatto fare la ricerca, la
voglio di una marca decente, non ho altre pretese, e abbiamo vagliato i prezzi
e a meno di 600 euro a 1200 giri non ce n’era. Però. Però signora mia, a 1000
giri mi ha trovato una bosch da 400 euro, mi serve un aspirapolvere il mio era
1800 watt dammene uno che funzioni, Imetec 70 euro, e poi un ferro da stiro,
normale, lo voglio normale, non me ne frega un acicdenti della caldaia, tanto
mica stiro io, mica passo io l’aspirapolvere, fammi un conto, 560 di tutto, ti
pago in due rate, no, sì, che rate, 350 adesso, il resto tra un mese, ok,
affare fatto, la lavatrice te la installiamo mercoledì il resto arriva domani.
Sì, ho pensato signora mia, sì: mi sa che sto imparando a fare i miracoli.
Checcazzo.
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